Page 3007 - Shakespeare - Vol. 3
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Niente, per la verità, tranne uno scrigno vuoto, signore, che, a nome del mio
padrone, vengo a chiedere a Vostro Onore di voler riempire. Avendo grande e
urgente necessità di cinquanta talenti, egli mi manda a chiederli a Vostra
Signoria, in nessun modo dubitando del vostro aiuto immediato.
LUCULLO
Ah, la, la, la! “In nessun modo dubitando”, dice? Ahimè, buon signore: è un
nobile gentiluomo, sì, ma troppo ospitale. Molte volte, a pranzo da lui, gliel’ho
detto, e ci sono tornato a cena per indurlo a spendere di meno; e tuttavia
non ha mai accettato i miei consigli, non ha mai badato all’avvertimento
implicito nelle mie visite. Ognuno ha le sue colpe, e la sua è la prodigalità.
Gliel’ho detto e ripetuto ma non sono mai riuscito a farlo smettere.
Rientra il Servo col vino.
SERVO
Ecco il vino, Vostro Onore.
LUCULLO
Flaminio, ti ho sempre giudicato assennato. Bevo a te.
FLAMINIO
Bontà vostra, signore.
LUCULLO
Ti ho sempre considerato uno spirito cordiale e ben disposto − quel che è
giusto è giusto − e uno che capisce quello che è ragionevole; e sai usare
bene le circostanze, se le circostanze ti aiutano. Ci sono ottime qualità in te.
[Al Servo] Tu vai. [Esce il Servo] Avvicinati, onesto Flaminio. Il tuo padrone è
un uomo generoso: ma tu sei saggio e sai abbastanza bene, pur essendo
venuto da me, che questi non sono tempi in cui prestare denaro, e
specialmente sulla base dell’amicizia nuda e cruda, senza garanzie. Ecco tre
denari per te; da bravo, chiudi l’occhio e di’ che non mi hai visto. Ti saluto.
FLAMINIO
È possibile che il mondo sia così cambiato,
e ancora vivi noi che vivevamo?