Page 2354 - Shakespeare - Vol. 3
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(Ri-)entra Eros.



              EROS
                               Che vuole il mio signore?



              ANTONIO
               Dacché è morta Cleopatra, son vissuto
               in tale disonore che gli dei
               detestano la mia bassezza. Io,

               che con la spada dividevo il mondo,
               e che sul verde dorso di Nettuno
               facevo sorgere città di navi,
               mi accuso d’aver meno coraggio

               d’una donna, un animo meno nobile
               di lei che a Cesare con la sua morte dice
               «Io sono la vincitrice di me stessa».
               Tu hai giurato, Eros,

               che quando arrivasse il momento,
               che ora è proprio giunto, in cui vedessi
               alle mie spalle la spinta inesorabile
               del disonore e dell’orrore, al mio comando

               mi avresti ucciso. Ora ci siamo, fallo:
               non colpisci me, sconfiggi Cesare.
               Fa’ tornare il colore alle tue guance.



              EROS
               Che gli dei mi trattengano la mano:
               dovrei far io ciò che le frecce dei Parti,

               benché nemiche, sbagliando bersaglio
               non riuscirono a fare?



              ANTONIO
                               Eros,
               vorresti trovarti a una finestra a Roma

               e vedere il tuo padrone così,
               a braccia conserte, piegare il collo
               all’umiliazione, con il volto disfatto
               dalla vergogna diffusa, mentre davanti a lui
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