Page 2714 - Shakespeare - Vol. 2
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Vorrei che le mie braccia potessero lottare con le tue,
               come gareggiano con te in cortesia.



              ETTORE
               Lo vorrei anch’io.



              NESTORE
               Ah!
               Per questa barba bianca, combatterei con te domani!

               Ebbene, benvenuto, benvenuto! Ai miei tempi...



              ULISSE
               Mi chiedo come fa quella città laggiù a stare in piedi,
               se la sua base e colonna è qui da noi.



              ETTORE
               Il vostro è un volto che conosco bene, signor Ulisse.
               Ah, signore, quanti morti fra Greci e Troiani

               dalla prima volta che vidi voi e Diomede
               là a Ilio come ambasciatori dei Greci.



              ULISSE
               Signore, io vi predissi ciò che ne sarebbe seguito.
               La mia profezia è appena a metà strada,
               perché quelle mura laggiù che fronteggiano spavalde la città,

               quelle torri, le cui cime lascive accarezzano le nubi
               devono baciarsi ancora i piedi.



              ETTORE
                               Non devo credervi.
               Eccole là, in piedi; e umilmente penso

               che la caduta di ogni pietra frigia
               costerà una goccia del vostro sangue greco.
               Tutto ha fine, e un giorno il tempo,
               l’antico arbitro di ogni cosa,

               porrà fine anche a questo.
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