Page 2648 - Shakespeare - Vol. 2
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AIACE
Chi è lui più di un altro?
AGAMENNONE
Non più di chi pensa di essere.
AIACE
Davvero? Ma non pensate che si creda meglio di me?
AGAMENNONE
Senza dubbio.
AIACE
Ma, voi, sottoscrivereste la sua opinione e direste che lo è?
AGAMENNONE
No, nobile Aiace, tu sei altrettanto forte, valoroso, saggio di lui, non meno
nobile, molto più cortese e, soprattutto, molto più trattabile.
AIACE
E poi perché un uomo deve fare il superbo? Come nasce la superbia? Io
neanche so dove sta di casa.
AGAMENNONE
Perciò il tuo pensiero ci guadagna in chiarezza, la tua virtù in bellezza. Il
superbo alla fine divora se stesso: la superbia gli fa da specchio, da
trombettiere, da cronista, e chi si loda indipendentemente dall’azione affoga
la sua azione nella lode.
Entra Ulisse.
AIACE
Detesto i superbi più della genìa dei rospi.
NESTORE
(a parte) Però si ama, non è strano?