Page 2653 - Shakespeare - Vol. 2
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Già, oppure facesse l’arrogante...
DIOMEDE
O facesse lo strambo, il pallone gonfiato!
ULISSE
Grazie al Cielo, signore, sei una pasta d’uomo;
sia lode al genitore, a lei che ti allattò.
Memoria imperitura a chi ti educò, tre volte lodate
le doti che hai per natura, e che son meglio,
meglio d’ogni possibile erudizione.
Ma chi delle tue braccia fece armi da guerra,
sarebbe poco se Marte dividesse in due l’eternità
e facesse a mezzo con lui. E, quanto alla forza,
è tempo che Milone taurifero passi il suo titolo
al forzuto Aiace. Non loderò la tua saggezza,
che come un confine, un limite, una costa
cinge le tue membra ampie e spaziose. Qui c’è Nestore
reso saggio dall’età veneranda; egli deve,
è, non può non essere saggio − pure, con licenza,
padre Nestore, se foste in età verde come Aiace,
con il cervello ben stagionato che avete,
voi non sareste superiore a lui, solo suo pari.
AIACE
(a Nestore) Posso chiamarti babbo?
NESTORE
Certo, figliolo.
DIOMEDE
E come un padre ascoltalo, signor Aiace.
ULISSE
Su, non perdiamo tempo. Il cervo Achille
resta alla macchia. Si compiaccia il nostro generale
di convocare il consiglio di guerra.