Page 2647 - Shakespeare - Vol. 2
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AGAMENNONE
Ascolta bene, Patroclo:
ormai queste risposte le conosciamo bene.
Ma il suo pretesto, reso veloce dalle ali del disprezzo,
non può sfuggire alle grinfie della nostra intelligenza.
Ha molte qualità, e sono molte le ragioni
per cui le riconosciamo. Ma tutte le sue virtù
che da parte sua non esercita virtuosamente,
cominciano a perdere lustro ai nostri occhi;
già, come frutta splendida su un vassoio sporco,
rischia di marcire non assaporata. Vagli a dire
che siamo venuti apposta per parlargli;
e non farai peccato a dirgli che lo consideriamo
ultrasuperbo e sottoeducato; più grande nella presunzione
che sul piano del senno; che qui persone di lui
molto più degne si mettono a disposizione
del selvaggio capriccio ch’egli ostenta,
e, celando la sacra forza della loro autorità,
assecondano con tolleranza il gigantismo dei suoi umori;
sì, spiano le sue lune storte, i suoi flussi e riflussi
come se l’andamento e la condotta della guerra
galleggiassero sulle sue maree. Diglielo e aggiungi
che se gonfia troppo il proprio prezzo
faremo a meno di lui e lo metteremo in canto
come un pezzo da guerra intrasportabile, con su
questo avviso: − Da riparare, non può essere impiegato.
Meglio un nano in azione che un gigante che dorme. −
Diglielo pure.
PATROCLO
Vado, e torno con la risposta.
Esce.
AGAMENNONE
Niente interposte persone; siamo venuti
per parlare con lui: Ulisse, entra tu.
Esce Ulisse.