Page 2635 - Shakespeare - Vol. 2
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ETTORE
Nessuno meno di me ha paura di questi Greci
per quanto mi concerne personalmente,
tuttavia, grande Priamo,
non c’è donna più dedita a tremori,
più spugnosa a inzupparsi di paura,
più pronta a gridare “Chi sa che succede poi”
di quanto non sia io. La piaga della pace è la sicumera,
la sicumera spavalda, ma il dubbio modesto
lo si chiama il faro del saggio, il bisturi che fruga
alla radice del peggio. Lasciamo andare via Elena.
Da quando la prima spada fu sguainata in questo affare,
ogni singolo caduto 20 fra le molte migliaia di periti
è stato prezioso quanto Elena − dei nostri, dico.
Se abbiamo perso tante decine dei nostri
per tener in consegna una cosa non nostra,
che non varrebbe un decimo dei nostri, avesse pure il nostro nome,
che senso ha l’argomento che rifiuta
che la si debba restituire?
TROILO
Vergogna, fratello, vergogna!
Vuoi calcolare la dignità e l’onore
di un re grande e temuto come nostro padre
su una bilancia ordinaria?
Si può forse ricavare col pallottoliere
la sua incalcolabile infinità,
confinare un busto d’insondabile virtù
con unità di misura così umilianti
come paure e ragioni? Vergogna, per gli dèi!
ELENO
Non mi sorprende che tu attacchi a morsi le ragioni.
Non ne possiedi un’acca. E così nostro padre
non dovrebbe governare con le ragioni
perché glielo dici tu quando sragioni?
TROILO