Page 2618 - Shakespeare - Vol. 2
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NESTORE
E molti altri si sono infettati
imitando quei due cui l’opinione di tutti,
come dice Ulisse, attribuisce merito altisonante.
Aiace s’è fatto protervo, avanza a testa in su,
assume pose superbe come l’immenso Achille;
come questi s’imbuca nella tenda, organizza riunioni
da cospiratore, sputa sentenze come un oracolo
su tutto ciò che si dovrebbe fare;
infine aizza Tersite − un poveraccio
la cui bile conia calunnie come una zecca −
a coprirci di tutte le lordure e d’ogni fango,
a indebolirci e a screditarci mentre noi siamo esposti
ai pericoli più gravi, da ogni parte.
ULISSE
Biasimano la nostra strategia, e la chiamano codardia,
la saggezza per loro non ha posto nella guerra;
disprezzano la prospettiva sul futuro,
non vedono altro che il menar le mani.
Le doti silenziose della mente che considerano
le forze giuste nel momento giusto,
la valutazione precisa della forza del nemico,
be’, tutto ciò per loro è men che nulla.
Sapete cosa dicono, che è guerra da lenzuola,
da tavolino, da studio; come se l’ariete,
quando abbatte un muro, con la forza e l’impeto del colpo,
fosse più importante della mano che l’ha costruito
o dell’intelligenza di quelli che, col calcolo,
ne guidano l’effetto usando la ragione.
NESTORE
Fosse così, il cavallo di Achille
varrebbe molti figli di Teti.
Squillo di tromba.
AGAMENNONE
Cos’è questa tromba? Guarda un po’, Menelao.