Page 2305 - Shakespeare - Vol. 2
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quel mirabile strumento “gorgiano” che è la parola: è maestro di diversi stili,
dal più basso e genuinamente volgare al più raffinato e artificioso, e sa
impersonare numerose parti, da quella del rude soldataccio innamorato a
quella della grassona di Brainford. Sebbene nel nuovo contesto borghese egli
sembra aver perso l’aiuto di due grandi divinità, la Grazia carismatica e la
Persuasione, egli è purtuttavia l’unica persona della commedia che sia capace
di pensare ed emettere riflessioni non banali sulla vita. Ma il suo destino è
quello di essere il capro espiatorio di un mondo lupesco, e lo implica anche
Northrop Frye quando l’accosta ad uno «spirito della fertilità»: l’inverno da
cacciare all’arrivo della primavera.
Il suo opposto (e già suo amicone su nel Gloucestershire) è il giudice di pace
Shallow, che a III, i, 51 dichiara di avere più di ottant’anni. All’inizio della
commedia egli avanza pretese di nobiltà e vanta il suo antico blasone coi
lucci (donde le speculazioni degli studiosi su un suo ipotetico referente storico
di cui Shakespeare intenderebbe far la satira per motivi personali). In realtà
la sua figura pare qui costruita in opposizione a Falstaff come un personaggio
decisamente comico ad uno potenzialmente tragico. Lo caratterizzano
l’egocentrismo (anche linguistico), la vanità, la venalità, la vuotezza
(evidente nel suo dire ripetitivo e pleonastico) e la propensione a prender
parte a delle beffe. Egli ama le pose da viveur rinsavito e, come altri dei
windsoriani, da gran portatore di buonsenso.
Sul suo rapporto di parentela con quel «potentissimo esemplare d’imbecillità»
(Hazlitt) che è Slender, i curatori più recenti inclinano a credere che Shallow è
lo zio di Slender, come quest’ultimo dice a III, iv, 38-41. Tra di loro i due
personaggi si chiamano spesso “cousin”, ma questo è un termine polivalente
nell’inglese elisabettiano, e corrisponde a «parente» in genere. Del resto il
personaggio par concepito come un uomo giovane, timido, e pateticamente
comico, specie nel suo famoso corteggiamento di Anna Page, la quale ne dà
una devastante definizione a III, iv, 31-33. Ma Slender è a suo agio solo nel
parlare di cani e di orsi.
Il suo rivale in innocente idiozia è il parroco gallese Sir Hugh Evans (il titolo
Sir era forma normale e forse un po’ ironica di rispetto per un prete) nel quale
si è vista la satira di un maestro di scuola di Shakespeare a Stratford. Evans è
caratterizzato da atteggiamenti ed espressioni di tipo puritano, ma
soprattutto dalle sue continue distorsioni fonetiche e grammaticali
dell’inglese. Come il gallese Fluellen dell’Enrico V, Evans confonde il singolare
e il plurale di verbi e nomi, pronuncia la “b” come fosse una “p”, ama le
ripetizioni inutili e gli elenchi di sinonimi. In una traduzione il suo broken