Page 2307 - Shakespeare - Vol. 2
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traduco con “monna Spiccia”) la quale non sembra abbia nulla a che fare con
la Mrs Quickly dei drammi storici. Qui è la governante di Caio (e forse
qualcosa di più): donna dal “cervello di gatta”, dal linguaggio sciolto e pieno
di idiotismi e svarioni (malapropisms), e che fraintende o travisa il linguaggio
“colto”; figura venale, furba, un po’ comica e un po’ sinistra, come certi ritratti
machiavellici è persona che sa come va il mondo (II, ii, 118) ed è pronta a
qualsiasi inganno e uso del nome di Dio invano (IV, v, 115). Quando la
mascherata dell’ultimo atto diventa un mask celebrativo, sia Mrs Quickly che
Evans e Pistol “affondano” inverosimilmente la propria personalità nel nuovo
ruolo corale e fantastico. Ma il fatto che proprio a Mrs Quickly vengano
affidati (realisticamente, come parte del controimbroglio di madonna Page)
sia il ruolo della Regina delle Fate che gli elogi di Windsor Castle, della regina
Elisabetta e dell’Ordine della Giarrettiera, non può non gettare su questi che
sono pure valori windsoriani una certa ombra ironica e grottesca, e B. Evans
ha colto questa qualità aristofanesca del masque, aggiungendo che Elisabetta
Tudor non sarà stata proprio lusingata nel vedersi elogiata e in qualche modo
rappresentata (perché la Regina delle Fate dopo Spenser si connette
inevitabilmente con la regina inglese) da quella baldracca di Mrs Quickly.
Degli altri personaggi, Fenton e Anna Page si esprimono, da giovani
innamorati che si rispettino, quasi sempre in versi; Nym, chiamato “caporale”
(il nome sembra un’abbreviazione di Hieronimo, l’eroe della Spanish Tragedy
di Kyd, ma to nim vuol dire “sgraffignare”, “rubare”), ha il vezzo già esibito
nell’Enrico V di inserire a dritto o rovescio nelle proprie battute il termine di
moda humour, in modo da fargli quasi significare tutto e il contrario di tutto
(e in ciò è probabilmente da vedere una frecciata di Shakespeare alla moda e
agli abusi della comedy of humours); Pistol (il nome pare che suonasse come
pizzle, “pene”) è un miles gloriosus, già descritto come vantone nell’Enrico V,
dove il paggio di Falstaff lo descrive come «una lingua assassina e una spada
paciosa» (a III, ii), ed è dedito a quella che i teorici del tempo chiamavano
«bomphiologia», eloquio grandioso e arrogante farcito di cultura
approssimativa; infine l’oste della locale locanda della Giarrettiera, il cui
nome allude all’Ordine che era una gloria di Windsor, è un uomo venale,
furbo e gioviale, anche lui dedito a uno stile bomfiologico che a volte diventa
surreale e poco parafrasabile (come a II, iii, 29).
Trama, motivi, struttura
Allontanato dalla corte, Falstaff s’è piazzato nella locanda di Windsor con tre
bravi e un paggio, e prima dell’inizio della commedia si è inimicati il giudice