Page 2288 - Shakespeare - Vol. 2
P. 2288

e le guerre che li hanno visti impegnati e divisi per più di un anno (e di cui, come s’è appena detto,
                 non c’è traccia nel dramma). L’effetto drammatico è formidabile. Dagli arbitrî della folla sragionante
                 nell’ultima scena dell’atto precedente, si passa subito, senza alcuna transizione, ai gelidi arbitrî dei
                 nuovi padroni di Roma. Si noti la crudeltà delle condanne eseguite burocraticamente su un elenco e
                 che avranno corso immediato nella realtà. I triumviri si scambiano la morte di parenti senza batter
                 ciglio, come se gli affetti personali non avessero più alcun valore. La logica spietata del potere fa da
                 contrappunto al grande scatenamento delle passioni nel terzo atto; e, non a caso, la prima secca
                 battuta è proprio di Antonio, il principale attore e suscitatore di passioni nelle scene precedenti. Dopo
                 il tempo della retorica della politica, è arrivato quello della prassi della politica che si risolve in violenza
                 e guerra.
            128 IV, i, 8-9 Presumibilmente non dovrà andar niente al popolo, come invece Antonio aveva dichiarato
                 che era stata volontà di Cesare nel suo testamento. È un’altra indicazione del cinismo e dell’avidità
                 dei triumviri.

            129 IV, i, 18-27 Nella prospettiva di Antonio, Lepido deve essere solo usato a certi fini e quindi messo da
                 parte. Il triumvirato è una soluzione provvisoria. Ma ben presto Antonio stesso dovrà fare i conti
                 finali con Ottaviano; il quale, per parte sua, sembra qui difendere Lepido, ma poi si proporrà come il
                 vero capo del nuovo assetto politico di quello che sta diventando un impero.
            130 IV, i, 48-49 Il riferimento metaforico, ricorrente in Shakespeare, è allo spettacolo molto popolare in
                 epoca  elisabettiana  del bear  baiting,  in  cui  un  orso  legato  ad  una  catena  doveva  difendersi
                 dall’assalto di molti cani feroci.

            131 IV, ii Molti editori moderni, seguendo l’edizione di Pope del 1725, suddividono questa scena in due
                 diverse scene: una che si estenderebbe fino al v. 52, e l’altra che avrebbe inizio dal punto in cui
                 Bruto e Cassio rimangono soli. Ma, data l’unità sia di tempo che di luogo e di azione, non si vede
                 l’opportunità di una simile suddivisione.
            132 IV, ii didascalia Questa didascalia è probabilmente confusa, come è stato notato da molti editori. La
                 scena  si  svolge  davanti  alla  tenda  di  Bruto,  il  quale  verosimilmente  da  quella  esce  al  suono  dei
                 tamburi, forse accompagnato dal servo Lucio, per incontrare Lucilio che si è recato in missione da
                 Cassio  e  torna  a  riferirgli  l’esito.  Insieme  a  Lucilio  sembrerebbe  dover  arrivare  Pindaro,  uomo  di
                 Cassio,  e  quindi  Titinio  e  Pindaro  non  dovrebbero  «andare  loro  incontro»  provenendo  da  un’altra
                 delle due porte collocate sul fondo del palcoscenico elisabettiano. Infine, risulta strano che Titinio,
                 uno degli ufficiali più importanti di Cassio, entri fin dall’inizio senza ricevere alcun saluto da parte di
                 Bruto; e pertanto è verosimile che egli arrivi insieme a Cassio al v. 30.
            133 IV,  ii,  2  Trovandosi  di  fronte  Bruto,  che  gli  intima  il  fermo,  Lucilio  passa  parola  ai  soldati  che
                 evidentemente l’hanno seguito nella missione.
            134 IV, ii, 6 Questo sembra essere il senso della battuta, che, come è stato notato, mostra la consueta
                 cortesia di Bruto verso subordinati e servi.
            135 IV, ii, 6-9 Il campo repubblicano si sta corrompendo e quindi rischia di tradire gli ideali per cui si era
                 formato  contro  il  potere  assoluto  di  Cesare.  Cassio  ha  compiuto  azioni  riprovevoli,  che  saranno
                 esplicitate  tra  poco,  e  Bruto,  il  rappresentante  più  puro  della  ideologia  repubblicana,  vorrebbe  a
                 questo punto che non fosse stato fatto quello che è stato fatto, o che lo si potesse disfare. Tutta
                 la  scena  mostrerà  come  l’ideale  non  regga  alla  prova  del  reale.  E  lo  stesso  Bruto  si  rivelerà
                 contraddittorio, nel suo disperato tentativo di far tornare i conti tra ideologia e prassi.
            136 IV, ii, 21 Ancora una volta, nella prospettiva repubblicana, la parola ceremony  afferisce  al  campo
                 semantico dell’inganno, della facciata esteriore, della ritualità vuota.
            137 IV,  ii,  26 deceitful: il significato sembra essere doppio: ronzini che hanno ingannato presentandosi
                 come cavalli di razza (con solito gioco tra apparenza e realtà), ronzini che deludono in quanto tali
                 perché non reggono a nessuna prova importante. È singolare che Bruto usi per Cassio un’immagine
   2283   2284   2285   2286   2287   2288   2289   2290   2291   2292   2293