Page 2281 - Shakespeare - Vol. 2
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compiuto, che lo sia come in un sacrificio, in un rito. È il modo con cui Bruto cerca di sublimare la
                 barbarie  dell’azione  in  sé,  della  uccisione  reale,  del  sangue  che  deve  correre.  Ma  proprio  in  quel
                 paradigma  rituale,  come  vedremo,  egli  si  ritroverà  di  nuovo  di  fronte  −  subito  dopo  l’uccisione  di
                 Cesare − a quel simbolismo contro cui si era mosso nel nome della ragione laica.
              73 II, i, 177 their servants: le loro mani o le loro passioni.
              74 II,  i,  205  Questi  favolosi  animali,  secondo  antiche  leggende,  potevano  essere  catturati  con  un
                 trucco: fuggendo davanti a loro e fermandosi contro un albero, per poi scansarsi all’ultimo istante
                 facendoli incastrare col lungo corno nel legno.
              75 II, i, 225-227 Ecco ancora una equivalenza tra la dissimulazione necessaria alla congiura − ma, più
                 ampiamente,  a  tutta  la  politica  −  e  la  recitazione  dell’attore  che  statutariamente  deve  assumere
                 altre identità.

              76 II, i, 234 sgg. La scena che segue è fedelmente ricavata dalla narrazione, in questo caso “scenica”,
                 di Plutarco nella Vita di Bruto.

              77 II, ii, 10 Si noti − in questi versi e poi ai vv. 28, 38, 48, 50 − l’insistenza sulla preposizione forth,
                 che  indica  l’andare  fuori,  allo  scoperto,  in  pubblico,  abbandonando  il  rifugio  della  casa.  Calpurnia
                 cercherà in tutti i modi di trattenerlo. Cesare, per ora, resiste, e parla di sé in terza persona, pur
                 rivolgendosi alla moglie, perché sta incarnando la sua funzione. Come abbiamo già notato nel primo
                 atto,  in  quanto  individuo,  egli  è  pieno  di  incertezze,  paure,  superstizioni;  ma,  in  quanto  capo
                 simbolico, deve essere all’altezza del suo ruolo. Shakespeare costruisce il suo grande personaggio
                 soprattutto in questa oscillazione tra dimensione privata e dimensione pubblica.
              78 II,  ii,  62-64  In  tutta  la  scena  c’è  un  sottile  alternarsi  di  paura  e  di  superbia,  di  incertezza  e  di
                 certezza, da parte di Cesare. Si noti la sottigliezza psicologica di questi versi, che ruotano intorno ai
                 modali  dell’azione: I  will  not,  Cannot,  dare  not,  I  will  not.  I  modali  indicano  la  prospettiva  del
                 soggetto  sull’azione.  Cesare  dichiara  di non  volere  andare  al  Senato,  poi  anticipa  altre  possibili
                 interpretazioni  di  quell’azione  e  le  nega:  nega  di non  potere,  nega  di non  osare  −  che  sarebbero
                 evidenti debolezze o vergogne del grande capo che deve porsi al di sopra di qualsiasi inabilità e di
                 qualsiasi paura. Ma, dicendo questo, si scopre, rivela il suo disagio, rischia di rimpicciolirsi proprio in
                 quanto capo. E allora, al v. 68, ribadirà con enfasi, e in terza persona, Caesar will not come.  Ma,
                 così,  si  mostrerà  tiranno,  perché  la  tirannia  ha  inizio  quando  la  propria  volontà  mette  da  parte
                 qualsiasi motivo motivandosi da se stessa. Il volere diventa immediatamente potere, e quel potere
                 è assoluto.
              79 II,  ii,  83-90  Ecco  un  altro  esempio  molto  importante  di  quel  paradigma  dell’interpretazione  (o
                 ermeneutico) che abbiamo indicato come centrale in questo dramma. Il sogno − come tanti altri
                 segni,  o  sistemi  di  segni  −  è  sovradeterminato,  e  perciò  ambiguo  e  passibile  di  diverse
                 interpretazioni. Decio ribalta completamente la lettura negativa che ne aveva dato Calpurnia, e così
                 offre  a  Cesare  quel  buon  auspicio  che  cercava  fin  dall’inizio  della  scena.  Cesare  ci  crede.  E
                 l’interpretazione di Decio rende possibile l’azione progettata dai congiurati.
              80 II, ii, 127 In tutto questo scambio, Cesare appare ingenuo, indifeso, e anche generoso e pronto ad
                 ascoltare le ragioni degli altri. La hybris del potere si alterna in lui alla gentilezza e alla amichevolezza.
                 Questi tratti contraddittori del personaggio Shakespeare poté ricavarli in buona parte dal complesso
                 ritratto che ne fa Plutarco.

              81 II, ii, 128 Sono come amici, ma presto si riveleranno tutt’altro che amici. L’ossessione del sembrare
                 e  dell’essere,  in  Bruto,  anticipa  già  il  grande  tema  della  finzione  universale  che  sarà  vissuto  da
                 Amleto. E si ripresenta qui, ancora una volta, il contrasto irriducibile tra amicizia e ragione politica.
              82 II,  iii,  12-13  Per  bocca  di  Artemidoro,  emerge  la  prospettiva  di  quanti  sono  fedeli  a  Cesare  e
                 credono  nella  sua  virtù  politica.  E  tutto  questo  avviene  nel  momento  stesso  in  cui  Cesare  sta
                 andando verso la sua morte.
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