Page 2279 - Shakespeare - Vol. 2
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58 ATTO  II  Questo  atto,  l’unico  che  si  svolga  in  gran  parte  in  spazi  privati,  è  costruito
                 parallelisticamente prima intorno a Bruto, nella sua casa, e poi intorno a Cesare, nella sua. Seguono
                 due  brevi  scene  che  riguardano  rispettivamente  Cesare  e  Bruto.  Se  il  primo  atto  aveva  visto  il
                 predominio di Cassio che metteva insieme le fila della congiura, in questo secondo atto emergono i
                 due protagonisti contrapposti, e le due ideologie in campo.

              59 II, i, 10 Il monologo si apre e si chiude nel segno della inevitabile morte di Cesare. Inizia in medias
                 res, in un flusso di pensiero che ossessiona Bruto. La sentenza iniziale si manifesta con reticenza,
                 per ellissi, nella neutralizzazione del soggetto, It, cioè la soluzione politica su cui Bruto sta meditando.
                 A differenza di Cassio, Bruto è assolutamente corretto nei confronti di Cesare: non lo riduce alle sue
                 discutibili proporzioni umane, ai suoi difetti, né lo dipinge come un tiranno in atto. Ne apprezza, anzi,
                 l’equilibrio, e tuttavia si pone il problema generale del Potere (che Shakespeare esplora lungo tutto
                 l’arco della sua produzione, dai drammi storici alle tragedie). E il problema del Potere è visto nel suo
                 meccanismo,  nella  sua  dinamica,  e  nella  sua  inevitabile  corruzione.  La  domanda  centrale  è,
                 pertanto, quella posta al v. 13. La condanna di Cesare è la condanna, non già dell’uomo, ma del
                 potere  assoluto,  della  monarchia  a  cui  Cesare  aspira.  Visto  in  questa  luce,  il  monologo  non  è
                 contraddittorio o confuso, come lo hanno letto in molti, ma lucido, del tutto ideologico, e, proprio per
                 questo,  psicologicamente  sbilanciato.  Prescindendo  dalla  persona,  l’ideologia  repubblicana,  nel
                 momento  in  cui  si  appresta  a  trasformarsi  in  azione,  ha  una  sua  astratta  (e  tuttavia,  tra  poco,
                 concretissima) spietatezza, che si ritorce in prima istanza su chi, Bruto appunto, ne fa la ragione, e
                 la missione, della propria vita. Il suo turbamento, adesso, ne è una spia manifesta; ma, quando
                 l’azione sarà compiuta, quel turbamento sarà ancora di più alimentato da un segreto, insopprimibile,
                 senso di colpa. Ne seguiremo gli sviluppi.
              60 II,  i,  28 Then:  l’argomentazione  di  Bruto  −  che  tende  sempre  alla  razionalità,  come  sarà  chiaro
                 soprattutto nella sua orazione al popolo in III, ii − segue l’andamento del sillogismo, di cui questa è
                 la conclusione. Le premesse sono: A) il potere assoluto si corrompe e si fa tirannico, B) Cesare,
                 anche  se  ora  non  è  corrotto,  vuole  farsi  re.  La  conclusione  è  quindi:  C)  allora,  bisogna  uccidere
                 Cesare  come  tiranno  futuro,  potenziale.  Questo  tipo  di  razionalità,  tuttavia,  non  può  espugnare  il
                 dubbio che lo tormenta e lo farà apparire malato alla moglie Porzia e lo accompagnerà sempre, fino
                 alla morte.
              61 II, i, 33 mischievous: aggettivo raro in Shakespeare (c’è solo un’altra occorrenza oltre questa), che
                 va collegato col Mischief di cui parlerà Antonio in III, ii: si veda la nota 124 al terzo atto.

              62 II, i, 44 Ancora segnali della notte dei prodigi.
              63 II, i, 49-50 Qui Shakespeare segue di nuovo il racconto di Plutarco, dal quale si era allontanato in I,
                 ii, 312 sgg., in cui aveva attribuito a Cassio l’intera responsabilità di quei biglietti: si veda la nota 46
                 del primo atto.

              64 II, i, 61-62 Con questo, viene confermata la parte decisiva di Cassio, che ha scatenato in Bruto il
                 conflitto tra affetto personale e ragione politica. Egli si è ormai deciso ad agire, ma l’intervallo tra
                 l’idea e l’atto si riempie di fantasmi.
              65 II, i, 63-69 Nello spazio tra le ragioni astratte dell’ideologia e i referenti reali si muove la passione
                 turbata di Bruto, che si vede come uno stato sull’orlo di una insurrezione, dilaniato da conflitti interni
                 − secondo la classica corrispondenza tra uomo e corpo politico, tra individuo e stato.
              66 II,  i,  70 brother va  inteso  come brother-in-law,  perché  Cassio  aveva  sposato  Giulia,  la  sorella  di
                 Bruto.
              67 II, i, 77-85 Questa allocuzione turbata alla congiura, in quanto comunque maligna, conferma quanto
                 si è già notato, e cioè che in epoca elisabettiana l’idea stessa della congiura era vista come un male
                 e una disgrazia. Qui è lo stesso personaggio che sta per mettersene a capo a dichiararla addirittura
                 “mostruosa”. Nel dramma l’aggettivo  monstrous ricorre quattro volte, l’ultima, nelle parole di Bruto,
                 in riferimento all’apparizione del fantasma di Cesare in IV, ii. Prima, l’avevamo incontrato in bocca a
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