Page 2278 - Shakespeare - Vol. 2
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1599 (l’anno della probabile composizione del dramma) che aveva sconvolto l’Inghilterra con la fallita
                 congiura del Conte di Essex contro la regina Elisabetta.
              47 I, iii, 15-32 La tempesta straordinaria, non solo naturalistica, in cui piove fuoco, è accompagnata da
                 una serie di portenti che Shakespeare ricavò in buona parte dalla narrazione dei prodigi, degli oracoli
                 e dei segni che Plutarco fa nella Vita di Cesare quando sta per approssimarsi la fine dell’eroe. Anche
                 l’epoca  elisabettiana  −  e  Shakespeare  non  fa  eccezione  −  tendeva  a  leggere  i  segni  del  cosmo,
                 strani e terribili, in chiave simbolica. Così li leggono, con opposte interpretazioni, Casca che vi scorge
                 l’ira degli dèi per qualche illecito sovvertimento dell’ordine costituito, e Cassio (cfr. sotto vv. 57-78)
                 che vi vede, al contrario, lo sdegno celeste per la tirannide cesarea. Quei segni, tuttavia, potevano
                 anche essere neutralizzati in quanto presagi e ricondotti ad una fenomenologia naturale, anche se
                 inconsueta e abnorme, nell’ambito dello scetticismo classico o dell’insorgente relativismo dell’epoca
                 della “nuova scienza”. Ed è quest’ultima la posizione di Cicerone nella scena (cfr. sotto vv. 33-35).
              48 I, iii, 54 La parte, anche in senso teatrale, il ruolo che spetta agli uomini nella loro recita nel mondo,
                 recita di cui conoscono solo in parte il senso. E si noti che the part of men risponde alla “parte” (v.
                 46: For my part) che Cassio ha appena rivendicato come sua, in una amplificazione iperbolica di se
                 stesso, del suo valore − che ricorda quella di I, ii, in cui si era messo a confronto con Cesare.

              49 I, iii, 65 Tutti sono capaci di fare oroscopi in tale terrificante sconvolgimento delle cose.
              50 I,  iii,  71  La  parola state è qui scelta non a caso da Cassio, potendo significare ‘situazione’, ‘stato
                 delle  cose’,  ma  anche  ‘stato’  in  senso  politico.  E  poiché  lo  stato  è  attualmente  rappresentato  da
                 Cesare, la qualificazione monstrous si riferisce proprio a lui, come chiariscono i versi immediatamente
                 successivi.  La  sfida  di  Cassio,  allora,  non  è  tanto  una  sfida  metafisica,  come  l’aveva  interpretata
                 Casca, quanto una sfida politica.
              51 I,  iii,  99 didascalia  Il  rumore  del  tuono  sottolinea  drammaticamente  la  fortissima  dichiarazione
                 libertaria di Cassio.
              52 I, iii, 111 Ancora una volta (cfr. sopra  I, ii, 96) Cassio degrada il grande Cesare a «cosa», colui che
                 vuole farsi re (king) a thing.
              53 I, iii, 116-117 Punto sull’orgoglio, Casca dà la sua adesione alla congiura. La seduzione di Cassio ha
                 avuto di nuovo successo.
              54 I, iii, 125 by this: cioè, by this time.
              55 I, iii, 126 Il portico fatto costruire da Pompeo nel 55 a.C. insieme al suo teatro. Lì Plutarco colloca la
                 scena dell’uccisione di Cesare, mentre Shakespeare la farà avvenire in Campidoglio.
              56 I, iii, 132-136 Si noti che il nuovo arrivato viene chiamato con il suo nome per ben tre volte in pochi
                 versi, e che Cassio lo riconosce, prima ancora di averlo visto in volto, dalla sua andatura. È lecito
                 ipotizzare  che  tutto  questo  risponda  ad  un  fine  preciso,  che  potrebbe  essere  una  spia  del
                 procedimento compositivo di Shakespeare. In III, iii, dopo l’orazione di Antonio che ha scatenato il
                 popolo contro i congiurati, viene drammatizzato un episodio, narrato da Plutarco, in cui un povero
                 poeta di nome Cinna, e del tutto estraneo alla cospirazione, viene trucidato barbaramente dalla folla
                 proprio  per  quel  nome,  malgrado  le  sue  disperate  proteste  di  non  essere  Cinna  il  congiurato.
                 Verosimilmente  Shakespeare  concepiva  un  piano  generale  dell’opera,  basandosi  sulle  sue  fonti,
                 ancor  prima  di  dare  una  forma  definitiva  alle  varie  scene.  Se  aveva  deciso  di  drammatizzare  il
                 linciaggio dell’innocente Cinna alla fine del terzo atto, doveva fare in modo che il congiurato Cinna
                 ricevesse,  prima,  un’accurata  attenzione  da  parte  del  pubblico,  cosicché  non  insorgesse  alcuna
                 confusione  al  momento  del  linciaggio.  Si  spiegherebbe  così  il  rilievo  che  viene  dato  qui  a  questo
                 congiurato, il fatto che venga chiamato per nome più volte, e ancor più il fatto che, come indicano
                 le parole di Cassio, egli si distingua per una sua particolare andatura.

              57 I, iii, 137 I am glad on’t: Cinna si riferisce alla cooptazione di Casca nella congiura e presumibilmente
                 si rivolge a lui.
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