Page 2274 - Shakespeare - Vol. 2
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stile epico di queste ultime.

              12 I, i, 61 Il popolo non ha l’arma del linguaggio, o meglio non ha il potere del linguaggio. Può giocare,
                 per bocca del suo esponente più arguto, nella prosa di tutti i giorni, ma alla fine è solo un materiale
                 su cui si esercita il gioco dei potenti. Tutto questo Shakespeare lo fa trasparire chiaramente fin dalla
                 prima scena.
              13 I,  i,  64-65  Le  statue,  come  chiariscono  i  successivi  versi  68-69,  sono  quelle  di  Cesare,  che,  per
                 ordine  segreto  dello  stesso  Cesare,  vennero  addobbate  di  trofei,  diademi,  corone,  a  significare
                 l’auspicio generale di una consacrazione monarchica per l’uomo che era diventato il capo assoluto di
                 Roma.  Disaddobbare,  spogliare  le  statue  di  tali  segni  cerimoniali  equivaleva  dunque  a  un  segnale
                 ideologico di segno contrario, volto alla preservazione dell’ordinamento repubblicano.
              14 I, i, 66-67 Il dubbio di Marullo si spiega col fatto che un atto antisimbolico, quale è quello che Flavio
                 propone, possa essere compiuto nella ricorrenza di una festa altamente simbolica quale era quella
                 dei Lupercali, una classica festa della fertilità, tenuta in onore del dio Luperco, protettore dei pastori
                 e nume tutelare dell’agricoltura.

              15 I, i, 72-75 Tutte le immagini di questi versi sono legate alla falconeria: si tratta di impedire a Cesare,
                 visto come uccello regale, di volare troppo in alto per l’aggiunta di nuove penne (i segni cerimoniali di
                 cui sopra).
              16 I,  ii,  1-11  Si  noti  come  in  questa  sua  prima  apparizione  pubblica,  a  cui  partecipano  quasi  tutti  i
                 personaggi principali del dramma, Cesare si preoccupi innanzitutto di un fatto privato. È la festa dei
                 Lupercali e Antonio sta per partecipare alla corsa sacra, nella quale, come informa Plutarco, giovani
                 nobili e magistrati correvano nudi per la città battendo simbolicamente con corregge pelose quanti
                 trovavano  sul  loro  cammino,  e  molte  nobildonne  si  mettevano  a  bella  posta  sulla  loro  strada  e
                 porgevano  le  mani  alle  sferze,  credendo  che  in  tal  modo,  se  incinte,  avrebbero  avuto  un  parto
                 felice,  e  se  sterili,  avrebbero  potuto  concepire.  Il  rito  era  una  chiara  sopravvivenza  delle  antiche
                 feste  della  fertilità.  La  prima  preoccupazione  di  Cesare  è  quella  di  rendere  fertile  Calpurnia,  ed  è
                 quindi  il  desiderio  di  un  figlio.  E,  suggerendo  l’atto  rituale,  egli  dimostra  di  credere  profondamente
                 nella  simbolicità  del  mondo:  simbolicità  che  è  sempre  collegata  con  la  cerimonialità,  con  la
                 incentivazione rituale e segnica del manifestarsi del Senso segreto. Perciò Cesare conclude questo
                 primo scambio dicendo: leave no ceremony out − frase che è l’esatto contrario dell’invito di Flavio a
                 Marullo allo spogliamento delle statue di Cesare di qualsiasi segno cerimoniale, rituale, simbolico. I
                 due campi ideologici emergono già chiaramente in queste prime fasi del dramma.

              17 I, ii, 12-24 In questo secondo scambio, Cesare acquista tutta la sua dimensione pubblica: è il capo
                 assoluto di Roma, parla di sé in terza persona (v. 17), come avverrà molte altre volte in seguito, e
                 mostra  non  solo  di  non  credere  all’indovino,  ma  anche  di  disprezzarlo.  La  superstizione  del  primo
                 scambio si è trasformata in incredula arroganza. Il Cesare di Shakespeare sta sempre tra questi
                 due modi: in quanto uomo, egli è soggetto al Cosmo Simbolico che sta ad ascoltare nei suoi segreti
                 messaggi; in quanto capo politico, egli è il Cosmo Simbolico, il perno del mondo (cfr.  III, i, 58-73), e
                 non  può  temere  nulla,  perché  la  sua  funzione  è  quella  di far  temere.  Si  noti,  inoltre,  l’ironia
                 drammatica del v. 19: nella sua primissima battuta, Bruto ripete a Cesare il monito dell’indovino, e
                 sarà proprio lui ad attuarlo, anche se ancora non ha concepito alcun disegno.

              18 I, ii, 24 didascalia La scena si svuota, perché tutti, tranne Bruto e Cassio, si recano ad assistere o a
                 partecipare alla corsa sacra. Con grande abilità drammaturgica Shakespeare sposta fuori  scena  lo
                 spettacolo  pubblico,  ma non  lo  cancella,  in  quanto  fa  in  modo  che  vari  segnali,  sotto  forma  di
                 acclamazioni  della  folla,  arrivino  sulla  scena  in  cui  Cassio  vuol  convincere  Bruto  ad  aderire  alla
                 congiura repubblicana e a farsene capo. E quei segnali saranno decisivi, come vedremo, proprio per
                 il convincimento di Bruto.
              19 I,  ii,  28-29  In  questa  autopresentazione  di  Bruto,  uomo  introverso  e  schivo,  intellettuale  e
                 profondamente legato al bene collettivo, Shakespeare segue puntualmente la caratterizzazione che
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