Page 640 - Shakespeare - Vol. 1
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Edoardo. Così l’universo simbolico del play suggerisce non solo l’avvento
dell’Apocalisse, ma anche il ritorno alla sua condizione primordiale, alla
tentazione del serpente nell’Eden, alla semina dei denti del drago, al
preannuncio dell’Anticristo.
La fine della trilogia dell’Enrico VI esprime una straordinaria intuizione
storica: non occorre più mettere in scena diavoli, negromanti, fattucchiere,
per spiegare gli eventi umani. Riccardo di Gloucester, tanto più umano
nella sua deformità, è il “prodotto” delle vicende politiche d’un intero paese
e la suprema manifestazione non di un ordine sovrannaturale, ma di una
ideologia del potere regale, che ha sterminato ogni figura paterna.
Tanto è vero che Riccardo di Gloucester lancia la sua sfida alla storia
futura, cade nella battaglia di Bosworth, e resuscita nelle successive
reincarnazioni del personaggio, sul palcoscenico dell’età moderna, dove
grandi attori, come Laurence Olivier e Ian McKellen, lo hanno investito di
nuovi significati etico-politici, dove altri mostri guerrieri hanno reclamato il
possesso della terra.

Datazione, testi, fonti e fortuna teatrale

Il 20 settembre 1592, qualche giorno dopo la scomparsa del drammaturgo
e saggista Robert Greene, viene dato alle stampe il suo libello Groats-
worth of Witte (Un soldino di spirito), «scritto prima della sua morte e
pubblicato dietro richiesta del moribondo». Esso contiene il celebre
ammonimento ai colleghi, affinché non si fidino del «corvo arrivista», che si
crede l’unico Scuotiscena (Shake-scene) del paese, «col suo cuore di tigre
nascosto sotto la pelle di attore». Prendendosela con Shakespeare, Greene
si riferisce in modo esplicito alle parole rivolte da York alla crudelissima
Margherita nella terza parte dell’Enrico VI (atto II, scena V). Michael
Hattaway, che ha curato la più recente edizione New Cambridge della
trilogia, ipotizza che la terza parte risalga al 1591. Nello stesso anno,
l’intero ciclo drammaturgico dell’Enrico VI sarebbe stato rappresentato a
teatro. Altri studiosi, tra cui E.A.J. Honigmann ed Eric Sams, hanno cercato
di anticipare la datazione dell’opera, sottolineando quanto sia discutibile
l’opinione consolidata tra i più che parla di uno Shakespeare già
relativamente “maturo” nel momento in cui inizia la sua parabola teatrale.
Retrodatando di qualche anno l’intera trilogia, essi ritengono ragionevole
supporre che il ciclo sia stato concepito e scritto a ridosso della seconda
edizione, ampliata per intervento di altri autori, delle Cronache di Raphael
Holinshed (1587), forse prima del 1590. Più prudente, Hattaway suggerisce
un arco di tempo che va dal 1589 al 1591. Rimane aperta la questione
relativa alla effettiva sequenza delle tre opere, tanto è vero che ancora nel
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