Page 638 - Shakespeare - Vol. 1
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esseri umani. I segni dell’Apocalisse biblica percorrono il play. Clifford
chiede alla terra di spalancarsi e di inghiottirlo, se mai dovesse rinunciare
alla vendetta - ma, come abbiamo visto, il suo cadavere verrà
grottescamente rianimato dai nemici. I tre soli nel cielo, che Edoardo IV
interpreta come auspicio di vittoria, sono comunque il frutto di un prodigio
che sconvolge le leggi della natura. Le donne hanno abbandonato la loro
femminilità, un re (Enrico VI) si comporta da femminuccia e vorrebbe
scambiare il suo posto con quello d’un pastore, mentre colui che vorrebbe
sostituirlo (York) piange disperato di fronte all’implacabile Margherita.
Cannibali, gli uni e gli altri, i Lancaster e gli York, si cibano di carne umana.
Il giorno del Giudizio Universale non è dunque lontano e i cavalieri
dell’Apocalisse galoppano nella landa desolata che è la cara Inghilterra.
Anche l’ultima cena consumata nella Torre (la bloody supper imbandita da
Riccardo) colora di sangue il racconto evangelico e conclude con il regicidio
la trama delle cronache medievali. La prossima volta (a conclusione del
Riccardo III) uccidere il sovrano unto da Dio diventerà un atto di giustizia.
La rappresentazione del caos non sarebbe completa se, sulla scena della
terza parte dell’Enrico VI, non si consolidasse via via la figura mostruosa di
Riccardo di Gloucester, che già aveva fatto la sua comparsa nell’opera
precedente. Adesso il ruolo di Riccardo, che porta il nome del padre, cresce
a dismisura e assume nuove sfumature. Il guerriero implacabile che, nella
prima scena del play, stringe in mano la testa mozzata di Somerset e la
invita beffardamente a parlare, mentre il padre amoroso gli assegna la
palma del migliore in campo, comincia a rivelare qualità di oratore
sopraffino: convince il genitore che il compromesso politico raggiunto con
Re Enrico è legalmente nullo (I, ii), e rincuora Warwick nel momento della
sconfitta (II, i). Il suo successo più grande non si traduce ancora in un
linguaggio pienamente dispiegato sulla scena, dal momento che egli
convince il fratello Clarence a tornare tra i ranghi solo in una didascalia (V,
i). Tuttavia, il suo vigore verbale è indubitabile, volgendosi sia contro
l’arcinemica Margherita (II, ii), sia - sempre di più - contro il fratello
Edoardo, l’aspirante sovrano, più di una volta sbeffeggiato per i suoi
appetiti sessuali. La natura mostruosa di Riccardo emerge lentamente, fino
a isolarlo sul palcoscenico da nemici e amici. Egli non ha lacrime per
piangere la morte del fratello Rutland (II, i) e non esiterebbe neppure ad
ammazzare una donna indifesa, se non fosse trattenuto dai fratelli (V, v).
Non contento di uccidere Re Enrico, egli irride - come abbiamo visto - al
suo sangue prezioso che inzuppa la terra (V, vi). La qualità ironica del
linguaggio di Riccardo si accompagna dunque alla sua determinazione
spietata, che annulla definitivamente quei vincoli familiari da cui ogni
combattente dovrebbe trarre le proprie giustificazioni nella guerra civile.