Page 623 - Shakespeare - Vol. 1
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adesso assume, nella sua opera di auto-drammatizzazione, il ruolo di Didone, stregata dal
racconto delle imprese di Enea (Enrico), fattole da Suffolk (Ascanio). La strega-stregata usa
spregiudicatamente l’Eneide, ma la metamorfosi di Suffolk (che già si era paragonato a Paride) e
quella del pio sovrano appaiono altrettanto grottesche del richiamo alla sorte di Didone, la quale,
comunque, regnava da sola a Cartagine. Ancora una volta, a modo suo, Margherita dà voce ai
suoi desideri più profondi di dominio.
94 III, ii, 136 stay my thoughts: ‘rinforza’ o «arresta i miei pensieri». La laboriosa struttura della
frase che segue sembra confermare la rinuncia di Enrico a una personale interpretazione degli
eventi: meglio affidarsi a una giustizia divina, anche se essa mostra già crepe enormi.
95 III, ii, 161 ghost viene tradotto «spirito», come ‘ingegno’, «persona, in quanto dotata di
determinate facoltà morali» (cfr. M. Cortellazzo-P. Zolli, Dizionario etimologico, cit., vol. V, p.
1254).
96 III, ii, 277 tinkers, anche ‘vagabondi’.
97 III, ii, 300 Secondo Judith Cook, «non c’è un altro personaggio che si avvicini alla qualità tragico-
poetica di Margherita nella scena in cui dà l’addio a Suffolk, finché non si arriva a Cleopatra»
(Women in Shakespeare, London 1990, p. 72).
98 III, ii, 310 La radice della mandragola, estratta dal terreno, emanava un gemito così terribile da
togliere il senno o da uccidere.
99 III, ii, 384 Secondo la tradizione, si riteneva che la pioggia provenisse da meridione.
100 III, ii, 392-393 Si ricorderà che in I, iii, Eleanor aveva avvertito Enrico che sarebbe stato trattato
come un neonato dalla moglie. Ora Suffolk esprime lo struggente desiderio di rimanere vicino a
Margherita come al seno materno che dà il latte. Margherita è diventata la Grande Madre, che
protegge i suoi figli-amanti, pronta a opporsi alla casa patriarcale degli York.
101 III, ii, 407 Iride è la messaggera di Giunone e la divinità dell’arcobaleno. Di Suffolk Margherita
ritroverà soltanto la testa.
102 III, iii, 2 La scena, che era piaciuta a Samuel Johnson nel ’700, imprime una forte tensione
psicologica al modello medievale del morality play. Non Iride, ma un messaggero molto più
terribile, la Morte, ha fatto la sua comparsa, anche se solo Winchester la può vedere. Nessuna
offerta di sbalorditive ricchezze potrà rinviare il momento della resa dei conti davanti a Dio. Il
villain si avvia verso il tribunale supremo, mentre già soffre le torture dell’inferno; frattanto
Enrico, ancora una volta incapace di esprimere un giudizio, fa ricorso alla solita citazione
evangelica, e tuttavia esprime una semplice, ma drammatica, verità: «siamo tutti peccatori» (v.
31). Ben presto, egli sperimenterà il tradimento dei suoi sudditi.
103 III, iii, 19 Nella visione aristotelica e poi tolemaica, Dio è Primo Motore o Causa Prima
dell’universo e dei suoi movimenti.
104 IV, i, 1 Nell’in-quarto del 1594 il Lieutenant è chiamato Captaine, su un’indicazione tratta sia da
Holinshed che da Hall (che non fanno menzione di Walter Whitmore). Si tratta del «comandante
militare della nave pirata» (Holinshed), perciò del «Capo dei pirati», da cui dipendono anche il
capitano della nave (Master) e il suo secondo (Master’s Mate).
105 IV, i, 9 Downs: zona di mare vicino alla costa del Kent.
106 IV, i, 29 L’insegna dell’Ordine della Giarrettiera mostrava San Giorgio nell’atto di uccidere il drago.
107 IV, i, 31 sgg. my name is Walter Whitmore... Walter era pronunciato come water (acqua),
mentre in francese faceva Gualtier (v. 37). Il gioco di parole è difficilmente traducibile in italiano,
anche se Angelo Dallagiacoma, nella già citata versione mondadoriana, compie un valoroso
tentativo: «WHITMORE: “... il mio nome è Mar Whitmore”... SUFFOLK: “Un negromante mi ha
fatto l’oroscopo,/, e mi ha predetto morte per mar./ Però questo non ti renda sanguinario;/ il
tuo nome è Omar, pronunciato giusto” WHITMORE: “Omar o Mar che sia, non m’importa...”
ecc.». Avendo rinunciato alla soluzione autarchica di trasformare Whitmore in Belacqua (o
Bevilacqua), mi sono accontentato, in mancanza di meglio, di un banale espediente fonetico: