Page 3070 - Shakespeare - Vol. 1
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ROMEO

 È tortura, non clemenza. Il cielo è qui,
 dove vive Giulietta, e qualsiasi cane, gatto, minuscolo topo, 72
 qualunque altra cosa insignificante, vive qui, in questo cielo,
 e può vedere Giulietta, ma Romeo non può.
 C’è più riguardo, più rispetto, più cortesia
 per una mosca che vola intorno a un cadavere che per Romeo.
 La mosca può toccare quella meraviglia bianca
 che è la mano della cara Giulietta,
 può rubare una gioia immortale da quelle sue labbra
 che, nella loro modestia virginale, la fanno ancora arrossire,
 credendo il loro baciarsi un peccato.
 Ma Romeo no, lui non può, è esiliato.
 Le mosche possono far questo, io ne devo fuggire.
 Loro sono creature libere, io sono esiliato.
 E continui a dire che l’esilio non è morte?
 Non hai un intruglio velenoso, un coltello ben affilato,
 uno strumento veloce di morte, per quanto vile,
 se non questo «esilio», per uccidermi?
 «Esiliato»? O Frate, è una parola che usano i dannati,
 all’inferno. Urla strazianti l’accompagnano.
 E tu avresti il coraggio, tu che sei un sacerdote,
 un confessore d’anime, un amico dichiarato,
 di straziarmi con questa parola, “esiliato”?

FRATE LORENZO

 Tu stupido pazzo, ascolta quel poco che ti dico.

ROMEO

 Ah, riprenderai a parlar d’esilio.

FRATE LORENZO

 Ti darò un’armatura per proteggerti da quella parola,
 la filosofia, il dolce latte delle avversità,
 per confortarti, anche se sei in esilio.

ROMEO

 Ancora quella parola? Impiccala la tua filosofia!
 A meno che non possa crearmi una Giulietta, sradicare una città,
 capovolgere la sentenza di un Principe, non serve a niente,
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