Page 3018 - Shakespeare - Vol. 1
P. 3018
ROMEO
Basta, basta, Mercuzio, calma.
Tu parli di nulla.
MERCUZIO
È vero, parlo dei sogni, io, figli d’una mente oziosa,
generati da un’inutile fantasia
fatta d’una sostanza tenue come l’aria
e più incostante del vento,
che spasima ora per il gelido grembo del nord,
ma poi, gonfia di rabbia,
si svolge sbuffando verso un nuovo amore,
il sud umido di rugiada.
BENVOLIO
Questo vento, di cui parli, ci porta via da noi stessi:
la cena sarà già finita e noi arriveremo troppo tardi.
ROMEO
O troppo presto, invece. Perché il mio cuore predice
qualche sciagura ancora appesa alle stelle 26
che proprio stanotte, durante questa festa,
comincerà amaramente la sua durata paurosa,
e segnerà la fine della vita spregevole chiusa nel mio petto
con qualche vile scacco di morte prematura.
Ma colui ch’è al timone della mia rotta
diriga il mio cammino,
Avanti, ragazzi, andiamo.
BENVOLIO
E tu suona, tamburino!
Scena V EN
Marciano attraverso il palcoscenico, mentre vengono avanti i servitori
portando tovaglioli.
PRIMO SERVO
Dov’è Pentolaccia, che non ci aiuta a sparecchiare? Mai che cambi un
piatto, che sgrassi un tagliere!

