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dopo la scena precedente. Il Conte di Salisbury è John Montague (1350-1400), che finirà
giustiziato con gli altri fedeli del Re. Il capitano gallese è da taluni identificato con l’Owen
Glendower citato nella scena che segue per la sua fede nei presagi e nei vaticinii. I presagi e
prodigi da lui enumerati sono già in Holinshed e Daniel.
47 ATTO III, i, didascalia La scena è sotto il castello di Bristol (anticamente scritto anche Bristow)
e, in tempo “reale”, è contemporanea alla precedente. La sostanza delle accuse ai due favoriti,
e la loro sprezzante risposta, sono invenzioni shakespeariane. Assente è qui il Conte di Wiltshire,
che pure fu preso e giustiziato a Bristol.
48 III, i, 12 sgg. A quali malefatte si riferisce Bolingbroke? A qual «sorta di divorzio»? In questa
requisitoria, i vizi privati del Re e dei suoi passano in primo piano, e non si accenna al malgoverno
del paese, ma solo alle ingiustizie subite in prima persona. Le accuse riecheggiano quelle che la
Regina dell’Edoardo II di Marlowe muove al favorito Piers Gaveston (in questo caso il favore del
Re è dichiaratamente omosessuale), mentre anche in Woodstock si allude a una sorda guerra
tra Anna di Boemia e gli amici del marito. Holinshed non entra in dettagli, ma parla di «turpi
peccati di lussuria e fornicazione, con abominevoli adulteri, soprattutto da parte del Re» - il che
basta e avanza. Come che sia, il rapporto fra Riccardo e i favoriti si configura come quello
classico - ampiamente discusso nella trattatistica cinquecentesca sul buongoverno (da
Machiavelli a Erasmo al Castiglione) - tra il principe e gli adulatori che, lusingandone le debolezze
private, ne fiaccano la capacità politica.
49 III, i, 43 Owen Glendower (1354-1416), signore del Galles del nord, e dai posteri mitizzato fra gli
eroi della nazione celtica, avrà una parte di rilievo in Enrico IV, parte prima, come personaggio
fortemente caratterizzato da connotazioni etniche al limite del grottesco. Capeggerà
un’insurrezione che tra il 1400 e il 1404 libererà buona parte del Galles dal dominio inglese, per
essere poi ripetutamente sconfitto dal Principe Hal tra il 1405 e il 1409 (ma la resistenza
sporadica non si esaurirà che nel 1412).
50 III, ii, didascalia Siamo all’indomani delle due scene precedenti, sulla costa settentrionale del
Galles, in vista del castello di Harlech («Barkloughly» nel testo, per un seguito di trascrizioni
confuse). Il Re è rimasto troppo a lungo lontano dal palcoscenico (da cui resta assente per 465
versi, oltre un sesto del dramma): e, come si sa, gli assenti hanno sempre torto. Ma da questo
momento riprende il centro della scena per tenerlo saldamente nel duplice ruolo di uomo e di Re.
I l Vescovo di Carlisle è Thomas Merkes, a cui Bolingbroke perdonerà la sua intransigente
opposizione (V, v, 24-29) relegandolo a curato di campagna fino alla sua morte (1409). La
scena si colloca al centro matematico del dramma, dando l’avvio alla sua terza fase, che
potremmo intitolare Passione e morte di Riccardo. Avevamo lasciato un re cinico, arrogante e
rapace, al letto di morte di Gaunt, pronto a partire per l’Irlanda per una spedizione di cui nulla
sapremo. Lo ritroviamo reduce dall’isola ribelle, che si prostra a baciare la sua terra, irrorandola di
lacrime. In quest’atto simbolico si consuma, sul piano delle immagini, il passaggio dal segno del
Fuoco (il Re Sole) a quello dell’Acqua (il pianto di Riccardo, il torrente in piena di Bolingbroke).
Tramonta l’immagine risplendente di un potere creato da Dio e quindi creduto eterno e
immutabile; e il Re, tradito dagli uomini, rivolge un patetico appello («Non irridete alla mia
insensata invocazione!») al mondo della natura, evocato con vivide immagini. Riccardo, che
sbarcando si illude ancora di riportare, da vero Re Sole, la luce nel regno (dove il rivale si aggira
come un ladro nella notte), alla notizia delle defezioni - lui che solo un attimo prima ha espresso
fiducia cieca nel crisma divino - perde ogni certezza. Egli è sbarcato in un mondo nuovo, dove
l’azione rapida e mirata vale più d’ogni fiorita allocuzione, dove il tempo ha valore, e un giorno di
ritardo può costare a un re ventimila armati. «Rispetto, tradizione, formalità, dovere, etichetta»:
tutto questo non serve più. In questo mondo nuovo egli non sa e non vuole riconoscersi. Se
non vale a salvarlo la sua natura divina, allora preferisce tornare un uomo come gli altri,
«impasto di carne e sangue». La decisione di abdicare (che in Holinshed matura soltanto dopo il
rientro nella capitale) per Shakespeare vien presa ora, nel momento del crollo delle illusioni: prima
ancora d’incontrare il rivale, tuttora disposto a un accordo ragionevole. I ruoli s’invertono: dalla
notte di Riccardo si passa all’alba di Enrico.
51 III, ii, 56-61 L’appello alle legioni angeliche risale al Vangelo di Matteo, ma nell’immagine evocata

