Page 2827 - Shakespeare - Vol. 1
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BOLINGBROKE
Chi di voi, signori, è qui in stato di arresto,
si procuri dei garanti sino al dì del processo.
Dobbiamo ben poco alle vostre premure,
e sul vostro sostegno nutrivamo ben poche illusioni.
Entrano Riccardo e York.
RICCARDO
Ahimè, perché mi portano davanti a un re,
prima che mi sia scrollato di dosso i pensieri regali
del tempo in cui regnavo? Devo ancora imparare
a essere insinuante, a lusingare, a piegar schiena e ginocchi.
Date tempo al dolore di iniziarmi
a tal sottomissione. Eppure le ricordo bene,
le fattezze di costoro. Non eran questi i miei uomini?
I loro “Evviva!” non li gridavano proprio a me?
Così Giuda con Cristo. Solo che Lui, fra i dodici,
trovò tutti fedeli meno uno; ed io, tra dodicimila, nessuno.
Dio salvi il Re! Nessuno dirà “Amen”?
Son prete e chierico allo stesso tempo? Allora “Amen”.
Dio salvi il Re, anche se non son io;
eppure “Amen” se il cielo crede che lo sono...
Per quale ufficio mi avete qui convocato?
Y ORK
Per compier di tua spontanea volontà quell’atto
che l’esaurirsi del tuo potere ti ha indotto ad offrire:
l’abdicazione del trono e della corona
a favore di Enrico Bolingbroke.
RICCARDO
Passatemi la corona.
Ecco, cugino: prenditi la corona. Così, cugino:
da questa parte la mia mano, dall’altra la tua.
Ora quest’aurea corona è come un pozzo profondo,
dove ci sono due secchi, che si riempiono a turno:
quello vuoto su in alto, a volteggiare nell’aria,
e l’altro al fondo, pieno d’acqua e invisibile.
Il secchio al fondo, pieno di lacrime, son io,
che mi tuffo nel dolore mentre voi ascendete al posto mio.

