Page 2807 - Shakespeare - Vol. 1
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tiene corte la morte: e là s’insedia, beffarda, 56
 irridendo al potere di lui, ghignando alla sua pompa,
 concedendogli un breve respiro, una particina -
 sovraneggiare, incuter timore, fulminar con lo sguardo -
 facendolo pieno di sé, quanto di vuote illusioni,
 come se questa nostra carne, prigione dello spirito,
 fosse di bronzo indistruttibile. E dopo averlo così lusingato,
 viene alla fine, e con uno spillo da nulla
 perfora le mura di quella fortezza, e addio re!
 Copritevi la testa, non irridete a un impasto di carne e sangue
 con riverenze solenni, gettate via rispetto,
 tradizione, formalità, dovere, etichetta:
 in tutto questo tempo voi mi avete frainteso.
 Io vivo di pane, proprio come voi; provo desideri,
 assaporo il dolore, ho bisogno di amici. Così asservito,
 come potete venirmi a dire che sono un re?

CARLISLE

 Sire, i saggi non se ne stanno seduti a piangere i loro guai,
 ma san prevenire in tempo le cause dei loro pianti.
 La paura del nemico, poiché la paura ci toglie ogni forza,
 nel fiaccarvi ogni forza dà forza al nemico stesso:
 così anche le vostre fantasie vi muovono guerra.
 Aver paura, essere uccisi: il peggio che può capitare in battaglia;
 chi cade in battaglia la morte con la morte annienterà,
 ma chi teme la morte paga alla morte un tributo di viltà.

AUMERLE

 Mio padre ha dei soldati. Cercate di lui,
 e provatevi a fare un corpo di membra sparse.

RICCARDO

 Fai bene a rimproverarmi. Superbo Bolingbroke, io vengo
 a battermi con te nel nostro giorno fatale.
 Mi è già sbollita, la febbre della paura.
 Ci vuole poco, a conquistare quello che è nostro.
 Di’, Scrope, dove sono nostro zio e le sue truppe?
 Hai un’aria amara, amico: sian dolci le tue parole.

SCROPE
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