Page 2737 - Shakespeare - Vol. 1
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fece fallire il suo Re, perché difettava di qualità senza dubbio diffuse anche fra gli sguatteri della sua
corte, ma soprattutto perché ne possedeva altre, di qualità: quelle che in ogni età sono e restano virtù
non comuni.
L’eleganza dell’artista - o quantomeno del creatore di situazioni
“artistiche” - riscatterebbe, agli occhi di questi esteti (e dello stesso
Shakespeare, secondo Yeats), le sue cadute. E di questa simpatia per
Riccardo, vittima di se stesso e poeta in virtù della sua fede nella parola,
permangono tracce anche in critici contemporanei, quali Mark Van Doren
(per cui Riccardo preferisce al potere la musica dei versi) e il pur lucido ed
equilibrato Stanley Wells.
L’attore, il fool, l’artista, il poeta... Sventuratamente per lui - e per il suo
paese - Riccardo è un Re, orgoglioso rampollo di una dinastia che risale a
Guglielmo il Conquistatore. Inadatto a fare il re, ma assai compreso nel suo
ruolo: un eroe, tutto sommato, negativo, personificazione del wishful
thinking, di quella capacità, pericolosa per gli individui ed esiziale per
l’uomo di stato, di scambiare i desideri per realtà.
L’antagonista di Riccardo, Henry Bolingbroke, è l’“uomo forte” della
situazione. Si è voluto vedere in lui l’uomo nuovo del Rinascimento,
destinato a eclissare i valori tuttora medievali del regno di Riccardo: una
sorta di principe machiavellico, politico duro e realista, senza illusioni,
tempista, capace di cogliere al volo la Fortuna e di farla sua, con una
chiara coscienza dei fini e dei mezzi. Le sue virtù sono, o dovrebbero
essere, le virtù dell’uomo di governo, dotato di visione strategica e abilità
tattica, illuminato da principi tali da riportare il buongoverno in un mondo
che si annuncia radicalmente diverso da quello medievale, del quale ha
perduto le universali certezze e ogni legittimazione ultraterrena. Ora, è
vero che la contrapposizione fra Bolingbroke, uomo d’azione, e Riccardo,
principe inetto, informa di sé tutto il dramma. Senonché il taciturno, brusco
erede delle fortune dei Lancaster, indifferente agli orpelli, se non alla
sostanza del potere, l’uomo per cui contano i fatti e non le parole, rapido e
deciso nell’azione quanto Riccardo è dilatorio o impulsivo, si dimostra -
visto da vicino - assai meno coerente e “forte” di quanto non sembri.
All’inizio le nostre simpatie sono tutte per lui: il suo desiderio di far luce su
un delitto di stato, il suo odio per il malgoverno, il giusto risentimento per
l’ingiustizia subita. Che sia abile politico lo si vede sin dal momento che si
allontana per l’esilio, guadagnandosi il plauso della folla, ma non è chiaro
fino a che punto il suo amore per la giustizia sia sorretto da principi
generali e vada al di là dell’offesa subita. Per quanto vigoroso possa
sembrare il suo agire, egli non fa che cavalcare l’onda della fortuna,
sospinto da una forza che trascende la sua volizione (non a caso
Shakespeare lo paragona a un torrente). Egli controlla solo in parte le

