Page 2605 - Shakespeare - Vol. 1
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T ESEO

 I miei segugi son di razza spartana 86 :
 larghe fauci, biondo il manto, lunghe le orecchie
 che lambiscon le rugiade dell’alba,
 zampe ricurve e pendule giogaie
 come quelle dei tori di Tessaglia.
 Lenti a inseguire, ma armoniosi nel latrare,
 come campane in digradanti toni. Voci meglio intonate
 non risposero mai al richiamo del guardacaccia,
 né dal suono del corno furono incitate,
 in Creta, in Sparta, od in Tessaglia.
 Giudica tu quando le udrai. Ma attenzione! Che ninfe son queste?

EGEO

 Sire, è mia figlia colei che giace addormentata!
 E questo è Lisandro, e questo è Demetrio.
 Ed Elena è questa, Elena del vecchio Nedar.
 Mi domando com’è che tutti insieme si ritrovano qui.

T ESEO

 Per certo si alzarono all’alba per onorare
 i riti del Maggio. E avendo sentito dei nostri propositi
 son venuti alle cerimonie.
 Ma dimmi, Egeo. Non è questo il giorno
 che Ermia dovea comunicarci la sua scelta?

EGEO

 Lo è, mio signore.

T ESEO

 Andate, ordinate ai cacciatori di destarli coi corni.
                                                 Clamori, fuori scena; suoni di corno.

                                            Gli amanti si destano e balzano in piedi.
 Buon giorno, amici. San Valentino è ormai lontano,
 e com’è che sol ora cominciano ad accoppiarsi codesti uccelli di bosco?

LISANDRO

 Perdono, mio signore.

                        (Gli amanti s’inginocchiano.)
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