Page 2602 - Shakespeare - Vol. 1
P. 2602
Dolcemente così, il caprifoglio al soave convolvolo
s’allaccia. L’edera inanella così
le dita rugose dell’olmo.
Oh come t’amo! Oh come per te deliro!
(S’addormentano.)
Entra il Demone.
OBERON
(facendosi avanti)
Benvenuto, Robertino. Ma guarda che spettacolo!
Comincio ad aver pietà del suo delirio.
La incontrai poco fa al margine del bosco.
Cercava dolci pegni d’amore per l’odioso balordo.
L’ho rimproverata ed abbiam bisticciato;
ché avea cinte l’irsute tempie
di fiori freschi e profumati.
E le roride stille, che sovente sui bocci
si fan rotonde come perle d’oriente, stavano là
dentro agli occhi di quei bei fiorellini
come lacrime versate sulla loro vergogna.
Quando a piacer mio l’ebbi schernita,
ed ella con umili accenti mendicava pietà,
le chiesi quel suo paggetto trafugato.
Ed ella subito cedette; ed i suoi elfi a scortarlo
inviò al mio recesso, nella terra fatata.
Ora che ho ottenuto il fanciullo, risanerò
l’odiosa imperfezione dei suoi occhi.
E tu, caro Berto, togli il metamorfico scalpo
dalla testa dello zotico ateniese,
sì ch’egli possa, destandosi con gli altri,
tornarsene con loro alla città natia,
e mai più pensare ai casi di questa notte
se non come allo strano incubo d’un sogno.
Prima, però, toglierò l’incantesimo alla Regina delle Fate.
(Spreme il succo sulle ciglia di Titania.)
Torna ad essere quella che fosti.
Torna a vedere ciò che vedevi.
Il boccio di Diana sul fior di Cupido 82
Ha tale forza e divino potere.
Ora, mia cara Titania, dèstati. Su, mia dolce Regina!

