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clown, era divenuto spesso un personaggio satirico. Nella commedia è uno
«spirito pazzo» (III, ii, 4), «briccone» (III, ii, 346), «villanzone» (II, i, 16),
ancora dispettoso e burlone con le donne del paese (II, i, 32-57), capace di
assumere forme diverse (cavallo, cane, verro, orso, fuoco fatuo) (III, i, 100-
01), per spaventare e ingannare i malcapitati, però è al servizio di Oberon,
ne è il messaggero - una sorta di Mercurio, appunto se si vuol parlare di
sincretismo - e della sua diabolicità conserva soltanto un pizzico di
bricconeria, e più per voglia di scherzare che per vera e propria malizia. C’è
da chiedersi come veniva rappresentato sulla scena. Forse ancora nelle
vesti tradizionali: un abito di pelle attillato, il viso e le mani macchiati di
rosso, in pugno una granata (V, i, 381), che il demone usava per spazzare
nottetempo la casa alle massaie in cambio di un paiolo di latte
(Shakespeare ha conservato il contrassegno positivo della scopa ed ha
tralasciato il contrassegno negativo del correggiato, che rappresentava la
battitura del grano durante l’inverno). Nella didascalia della commedia
Robin compare come Puck, che non è nome di persona (puck significa
genericamente “diavolo burlone”) - infatti nel testo si legge the Puck (V, i,
427), an honest Puck (V, i, 423) - e quando viene chiamato col suo nome
allora si sa che egli è Robin Goodfellow (che propongo di tradurre con
«Robertino Buonalana»; dovendo però conservare la nominazione
generica, che è nella didascalia, ho usato «Demone», nome riferito ad ogni
genere di “spirito”, buono o cattivo). Robin può esser visto anche,
sincretisticamente, come un Cupido, che agisce non con arco e frecce ma
con succhi vegetali, per le sue operazioni amorose. Ed è, a suo modo,
“cieco”, come il Cupido classico.
Anche il regno delle Fate attesta il processo di assimilazione eterogenea.
Oberon e Titania non fanno tradizionalmente parte del regno celtico
arcaico delle Fate, di cui, qui, sono Re e Regina, bensì appartengono al
mondo delle lettere. Di Oberon, Shakespeare poteva aver letto nel Huon
de Bordeaux (tradotto da Lord Berners, alias Sir John Bourchier, nel 1533-
1542) un romans della fine del XII secolo, o del principio del XIII, ove si
racconta che Huon uccise, ignaro e per legittima difesa, il figlio di
Carlomagno, il quale impose all’eroe una serie di ardue prove, pena
l’impiccagione qualora non fosse riuscito a superarle. L’eroe trovò un aiuto
insperato, quanto prezioso e assiduo, nel buon nano Auberon (che
corrisponde all’Alberico dei Nibelunghi), il quale viene presentato come
figlio di Giulio Cesare e della Fata Morgana, fratello gemello di San Giorgio.
L’Auberon del romans è Re delle Fate, e vive in un bosco dove i viandanti
appunto si smarriscono, hanno allucinazioni, e subiscono incantesimi.
Titania sembra essere stata invece ricavata dalle Metamorfosi di Ovidio
(III, 173), ove il nome è sinonimo di Diana ed è usato come patronimico

