Page 2532 - Shakespeare - Vol. 1
P. 2532

ipotesi vale la supposizione che la Regina Elisabetta potesse essere
presente allo spettacolo.

I personaggi

Nel medioevo si credeva alla esistenza degli spiriti - buoni o malvagi,
abitanti dell’aria o della terra - e si pensava che essi influissero sulle
faccende umane. Le Fate erano considerate spiriti malefici, infernali, capaci
di procurare malattie, di scambiare nella cuna bambini ben nati con esseri
mostruosi, di lasciare marchi sulla pelle, di trasformare le donne in streghe,
d’influire sulle stagioni ecc. Si pensava però di poter avere da loro -
profonde conoscitrici di tutti i segreti del mondo vegetale - erbe
portentose, da usare come farmaci e filtri d’amore. Non si dubitava di poter
riconoscere tracce delle loro tregende notturne, o delle loro danze,
sull’erba dei prati, al mattino, quando, con l’avvento della luce, gli spiriti
maligni eran costretti a scomparire.
Al momento in cui la tradizione medievale raggiunge gli Elisabettiani già
serpeggiava, però, un certo scetticismo (non a caso Francis Bacon stava
gettando i fondamenti della nuova scienza) e questo consentiva di
osservare gli aspetti, una volta terribili e temibili, del folclore con un
qualche distacco, e persino di trattarli in maniera confidenziale, ironica e
scherzosa. I nuovi tempi, d’altronde, rivelano anche un generale interesse
alla mitologia classica (molte traduzioni di opere greche e latine
comparvero alla stampa intomo al 1553), il che permetteva non solo di
attuare un certo sincretismo anacronistico - come avviene con lo stesso
Shakespeare che mischiava i miti classici con le credenze medievali - ma
anche il trattamento scettico di certe antiche convinzioni, liberate dal
satanismo o dall’accusa di eresia, e portate a livello di fiaba.
Così avvenne che Shakespeare accogliesse sì la tradizione folclorica, ma
assegnasse alle Fate compiti benevoli e servili, trasformando i loro atti
malefici in amorose assistenze e poetiche grazie. Esse divennero
semplicemente spiriti vegetali - sono, di fatto, erbe e fiori - il cui regno
non è l’Inferno ma la lontana India delle favole e dei sogni.
Analoga trasformazione si riconosce in Robin Goodfellow, il quale, nel
medioevo, veniva considerato un diavolo, talvolta lo stesso Belzebub; e
ancora in The Discovery of Witchcraft (1584) di Reginald Scott e nella
Demonology (1597) di Giacomo I veniva descritto come spirito satanico.
Ma la tradizione popolare lo aveva già cambiato in spiritello
sostanzialmente benevolo - anche se burlone e dispettoso - e negli
appellativi “diavolo”, “demonio”, non c’era più ombra di terribilità. Robin
era comparso in qualche dramma, e trattato nelle ballate, dove assumeva i
connotati di eroe popolare, e, come il buffone antico, o il più moderno
   2527   2528   2529   2530   2531   2532   2533   2534   2535   2536   2537