Page 2525 - Shakespeare - Vol. 1
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A me pare di aver guardato con gli occhi torti,
          quando le cose si vedono sdoppiate.

E Demetrio (IV, i, 192-95):

          … Ma sei proprio sicura
          che noi siam desti. Mi pare
          di dormire ancora, di sognare…

per poi aggiungere, dopo aver sollecitato gli altri a seguire Teseo in città -
Teseo, comparso significativamente nella selva all’alba, intento alla caccia
(IV, i, 199):

          e strada facendo ci racconteremo i nostri sogni.

Rimarranno tutti esterrefatti quando constateranno che questi loro sogni
collimano!
È da notare che nessuno dei personaggi umani vede le Fate. Unica
eccezione è Rocchetto, che, però, crede di aver sognato. Il gioco delle
illusioni è spettacolare. Lo si rileva anche su altri livelli, in quella che
potremmo chiamare una fuga di prospettive. Sia la storia di Piramo e Tisbe
che la fantastica avventura dei quattro giovani appaiono allo spettatore
come due irrealtà, pur nella finzione della commedia, in quanto tale. Ma la
prima, nella sua finzione scoperta, viene a conferire - appunto per un
gioco di prospettive - solidezza reale all’altra, che invece è sogno. L’una e
l’altra poi appariranno uguali finzioni, irrealtà, agli occhi di Teseo, il quale,
tuttavia, non è un personaggio reale, bensì una figura del mito, e quindi
finzione lui stesso. Ma ancora, l’epilogo integra finalmente il tutto nella
illusione, essendo rivolto al pubblico. Dice Robertino (V, i, 415-18):

          Se noi, ombre, vi abbiamo scontentato,
          pensate allora - e tutto è accomodato -
          che avete qui soltanto sonnecchiato
          mentre queste visioni sono apparse.

Il gioco degli specchi produce infine rifrazioni. Pensiamo un momento al
fatto che, nell’ultimo atto della commedia, spettatori dell’interludio Piramo
e Tisbe non sono soltanto Teseo e Ippolita, e i quattro giovani nobili; lo
siamo anche noi, tutti, spettatori di ogni tempo. È facile concludere: ombre
con le ombre, quando sappiamo che il teatro viene da Shakespeare - nella
scia di un antico topos - costantemente paragonato al mondo; cioè visto
come specchio del mondo; e gli uomini tutti considerati «della stessa
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