Page 2302 - Shakespeare - Vol. 1
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GIACHENET T A
Messer curato, pregovi leggermi questa lettera qua. Me l’ha data
Melacotta, e me la manda don Armado. Vi prego proprio con calore,
leggétemela.
OLOFERNE
Fauste precor gelida quando pecus omne sub umbra
ruminat...
e via dicendo. 30 Ah, vecchio buon Mantovano, io posso dire di te quel che
dice il viatore di Venezia:
Venezia, Venezia,
chi non ti vede non ti prezia.
Ah vecchio Mantovano! Vecchio Mantovano! Colui che non t’assapora ei
non t’adora. (Canta) Do, re, mi, sol, la, mi, fa. - Chiedo venia, messer
curato, che contiene la epistola? O per meglio dire, come Orazio direbbe
ne’ sua... ma come, all’anima mia, è in versi?
DON NATALINO
Messersì, e molto dotti.
OLOFERNE
Fate sentire una strofa, una stanza, un rigo. Lege, domine.
DON NATALINO
(legge)
Se amor fammi spergiuro, come giurare amore?
Ah mai durò una fede che a beltà non si lega!
A me stesso spergiuro, ti do per sempre il cuore;
Quercia mi fu il mio giuro, per te giunco che piègasi.
Lo studio lascia i libri, de’ tuoi occhi fa pagina,
in essi son le gioie tutte che l’arte abbraccia.
Se la mira è il sapere, saper te sola bàstami,
ben dotta è quella lingua che le tue lodi traccia.
Tutta ignorante è l’anima che in te non ha stupore,
e il mio merito è questo, ammirar le tue lande.
L’occhio ha il lampo di Giove, il tuono la tua voce,
ch’è musica e calore, se d’ira non vibrante.
Celeste come sei, perdonami la fiacchezza
nel cantar lode al cielo con sì mortal favella!

