Page 2298 - Shakespeare - Vol. 1
P. 2298
Escono Boyet e Maria.
MELACOT T A
All’anima mia! Un vero bifolco, uno zotico semplicione!
Dio Gesù! Le donne ed io gli abbiamo dato una bella lezione!
Affemìa! Che scherzi magnifici, che squisite finezze volgari,
quando sborrano via così lisce, così oscene, così naturali.
C’è poi l’Armado - ah quello! è un tipetto che l’è uno schianto!
Dovreste vederlo far strada a una donna, e reggerle il ventaglio!
O mandar baci sulla mano! E con che garbo ti scuoia i santi!
E quel suo paggio dall’altro canto, che manciata di spiritosaggini!
Ah, Dominiddio sia lodato, l’è un moschino così toccante!
Grida di dentro.
Oilà, al cervo, al cervo! 27
Esce.
Scena II 28 EN
Entrano Oloferne, Don Natalino e Intronato.
DON NATALINO
Svago degno d’assai rispetto, davvero, e svolto sotto l’egida d’una pretta
coscienza.
OLOFERNE
Il cervo l’era, come sapete, d’ottimo sangue, sanguis, maturo come il pomo
di paradiso, che ora pende come un gioiello dall’orecchia del coelum, cielo,
firmamento, volta celeste, e tutt’a un tratto ti casca come mela sarvatica
sovra la faccia di terra, suolo, terreno, globo terracqueo.
DON NATALINO
Davvero, mastro Oloferne, gli epiteti sono squisitamente variati, farina del
sacco d’uno studioso per dire il meno; ma signor mio, io v’assicuro che si
trattava d’un cervotto con le prime corna sul capo.
OLOFERNE
Haud credo, don Natalino.

