Page 2226 - Shakespeare - Vol. 1
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ironia.
194 IV, ii, 93 Encelado, uno dei Titani, figli di Tifone, che mossero guerra agli dèi.
195 IV, ii, 97 sanguine: spesso in Shakespeare nel senso di «rosso», «dalla faccia rossa».
196 IV, ii, 98 white-limed walls: cfr. i «sepolcri imbiancati», del Vangelo di Matteo, XXIII, 27,
metafora per l’ipocrisia; alehouse painted signs: insegne come quelle dipinte male sulle bettole,
quindi uomini mal riusciti.
197 IV, ii, 119 leer: «carnagione», «aspetto».
198 IV, ii, 122 sensibly: il significato è alquanto vago. Onions interpreta: «come una creatura dotata
di sentimento»; Wilson suggerisce il significato di «plainly» («evidentemente»); E.M. Waith
chiosa l’intera espressione sensibly fed / Of come «reso capace di sensazioni da». Ma forse qui il
senso è ironico: nel mostrare il figlio nero ai fratellastri che lo respingono e addirittura vogliono
eliminarlo, Aaron ne sottolineerebbe la «percepibile» somiglianza con essi.
199 IV, ii, 133 Altra metafora di caccia: vi terremo d’occhio a distanza, come fa un cacciatore con la
sua preda tenendosi sopravvento.
200 IV, ii, 152 In Q-F, Muliteus, senza verbo; qui si è accettato l’emendamento proposto da
Steevens: Muly lives.
201 IV, ii, 162 Si riferisce, nel suo solito modo ironico, alla nutrice che ha ucciso.
202 IV, iii, 4 Terras...: «Astrea lasciò la terra», dalle Metamorfosi, I, 150. Astrea, dea della giustizia,
abbandona il mondo, ultima degli dèi, di fronte alla degenerazione umana dell’età del ferro. Non
meno di tanti suoi contemporanei, Shakespeare fu particolarmente influenzato dall’incipit
dell’opera ovidiana che narra della formazione del mondo, della creazione degli animali e degli
uomini e tratta quindi delle quattro età che scandirono la prima storia umana: età dell’oro,
dell’argento, del bronzo e del ferro. Nell’ultima, guerre, rovine e perversioni segnano la
degenerazione degli uomini, cui farà seguito la gigantomachia, quindi il diluvio e infine la rinascita
della stirpe umana con Deucalione e Pirra. L’intero mito propone un’idea ciclica di splendore e
decadenza, nobiltà e corruzione, che ben si adattava all’idea ciclica della storia cara agli
elisabettiani.
Tito Andronico, nel suo complesso, è una tragedia dell’età del ferro, in cui viene meno la
concordia o anche il dibattito politico, la pietas è continuamente trasgredita, e gli stessi rapporti
individuali si fanno sempre più violenti e barbarici. L’unico legame che precariamente regge
ancora è quello di sangue, di stretta parentela; ma esso si mantiene solo nel segno della faida, al
di qua - a parte il finale di maniera - di qualsiasi possibilità di costruzione di un nuovo assetto
politico.
Per venire a questa scena in particolare, si tratta di uno dei momenti più inventivi e spettacolari
dell’intero dramma. Tito, qui veramente pazzo, vuole inviare messaggi agli dèi che hanno
abbandonato il mondo a un disastro di violenza e di ingiustizia, e affida quei messaggi a frecce
scagliate in cielo. Sembra l’ultimo atto possibile per gli uomini sulla terra: atto follemente ingenuo
e, allo stesso tempo, eroico; atto assurdo e insieme mitico.
203 IV, iii, 4 be you remembered: remember.
204 IV, iii, 39-41 Ironico: anche nell’Olimpo le cose non vanno per il verso giusto. La lettura delle
Metamorfosi, con tutte le invidie, rivalità, gelosie e inganni tra gli dèi, e in particolare tra Giunone
e Giove, sollecitava ad abundantiam tale percezione ironica della discordia nei cieli.
205 IV, iii, 43 burning lake: probabilmente viene inteso il Flegetonte, fiume di fuoco infernale, che
dagli elisabettiani veniva visto spesso come un lago: cfr. il Doctor Faustus di Marlowe, III, 1, 48-
49, «the fiery lake / Of everburning Phlegeton» o la Spanish Tragedy di Kyd, III, 12, 11, «the
lake where hell doth stand».
206 IV, iii, 44 Acheron: altro fiume dell’Ade, che qui sta, per sineddoche, per l’intero inferno.
207 IV, iii, 63 well said: nel senso di well done, come altrove in Shakespeare.
208 IV, iii, 64 Virgo: la costellazione della Vergine, in cui, secondo il mito, si sarebbe trasformata

