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suoi figli (cfr. sopra I, 165-168) - è l’ultima, autoinflitta, mutilazione di un Sé tribale in una
tragedia che trova nel barbarico taglio, di legami politici e familiari, come di mani, di teste, di
lingua, di vagina, di ossa, il suo paradigma costante e inquietante.
286 V, iii, 60-62 Il macabro banchetto è modellato certamente sulla storia di Filomela, Progne e
Tereo, ma poté essere influenzato anche dal Tieste, pubblicato con grandissimo successo in
traduzione inglese insieme alle altre tragedie di Seneca sotto il titolo Seneca his Tenne Tragedies
nel 1581: per vendicarsi contro il fratello Tieste, che gli aveva sedotto la moglie Erope, Atreo
finse di riconciliarsi con lui, se ne fece affidare i figli, li uccise e gliene imbandì le carni in un
banchetto.
287 V, iii, 71-72 Ecco che nelle due metafore, del grano sparso e delle membra divise, emerge nella
coscienza politica il paradigma del taglio, di cui si è appena detto, e comincia a profilarsi l’opera di
ricomposizione finale dell’ordine infranto: ricomposizione che è tipica di quasi tutte le tragedie
shakespeariane. A proporre la pedagogia della riconciliazione, e a officiare la soluzione di contrasti
che hanno comunque ecceduto ogni dimensione propriamente politica, è non a caso Marco, colui
che già all’inizio del dramma aveva costituito il punto di riferimento dei conflitti di parte.
288 V, iii, 77 frosty signs: «segni di gelo, di brina», metafora per capelli bianchi o in parte bianchi;
chaps of age: «cracks in the skin» (Onions), crepe nella pelle, metafora per rughe.
289 V, iii, 79 attend: qui nel senso di «prestare ascolto, attenzione».
290 V, iii, 80 Qui Marco si rivolge a Lucio.
291 V, iii, 87 Altro riferimento all’Eneide, fonte importante per questa tragedia, non solo per i vari echi
topici, e talvolta immaginativi e stilistici, ma anche per due parallelismi significativi d’ordine
strutturale. Il primo, qui addirittura esplicito (v. 87 our Troy, our Rome ), si pone tra questa
tarda Roma imperiale prossima a un definitivo disastro e Troia incendiata e distrutta; il secondo
collega, con evidente contrasto, l’attuale decadenza di Roma con la sua fondazione leggendaria,
ricchissima di potenzialità storiche, da parte di Enea (v. 80 our ancestor) nel poema virgiliano. Il
monito, che corre sotto a entrambi i parallelismi classici, è quello di evitare la strada delle
discordie interne che può portare alle grandi cadute di civiltà, infliggendo loro la fatale civil wound
(v. 87), espressione ellittica per «wound of civil war» (si veda la tragedia romana di Thomas
Lodge, The Wounds of Civil War , pubblicata nel 1594, su cui ha condotto recentemente un
eccellente studio strutturale-ideologico Vanna Gentili 1981).
Sinone (v. 85) è il traditore che convinse i Troiani a far entrare nella loro città il cavallo di legno
(v. 86 the fatal engine).
292 V, iii, 88 compact: sta per «composed», come altrove in Shakespeare.
293 V, iii, 130-134 Questi versi fanno intendere che Lucio e Marco hanno parlato al popolo dalla
galleria, così come era avvenuto talvolta nelle allocuzioni pubbliche del I atto.
294 V, iii, 165-169 I vv. 165-169 sono la lezione di Q1. In Q2-F sono sostituiti da altri cinque, tutti
attribuiti a Lucio: «Meet and agreeing with thine infancy, / In that respect then, like a loving
child, / Shed yet some small drops from thy tender spring, / Because kind nature doth require it
so, / Friends should associate friends in grief and woe» («adatte alla tua infanzia, / perciò,
dunque, da bambino affettuoso, / versa qualche piccola goccia ancora dalla tua tenera fonte, /
perché la gentile natura richiede / che gli amici si uniscano agli amici nel dolore e nella pena»).
295 V, iii, 200 Questo verso è presentato nella lezione di Q1. In Q2-F, «And being so, shall have like
want of pity» («ed essendo tale, anche per lei mancherà la pietà»).
296 V, iii, 201-204 Questi ultimi quattro versi, assenti in Q1, sono presentati da Q2-F.

