Page 2220 - Shakespeare - Vol. 1
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112 II, iii, 198-201 Versi tipici della interferenza, in questa tragedia giovanile, delle forme cantate
     tipiche del descrittivismo lirico ovidiano (come in Venus and Adonis) nel contesto drammatico.

113 II, iii, 211 surprisèd: nel senso, non, infrequente in Shakespeare, di «confuso», «sconcertato».

114 II, iii, 222 lies bereav’d in blood: anche se sintatticamente un po’incongrua, la lezione originale di
     Q1 bereaud non pare dover essere sostituita dal congetturale berayed («imbrattato») accolto
     da molte edizioni moderne, in quanto può essere forma ellittica: «privato» = «privato della vita».

115 II, iii, 232 Riferimento alla storia tragica di Piramo e Tisbe: cfr. Metamorfosi, IV, 55-166. Piramo
     si uccise per errore, credendo che la sua amata Tisbe, di cui aveva ritrovato il mantello bagnato
     di sangue, fosse stata uccisa da un leone. Errore affine a quello di Romeo di fronte alla
     dormiente Giulietta nella tragedia che Shakespeare scrisse non molto tempo dopo Tito
     Andronico. La storia di Piramo e Tisbe doveva essergli particolarmente cara, paradigmatica del
     tragico romantico, visto che vi fece riferimento anche nel Mercante di Venezia, V, 1, e la usò
     come soggetto della recita degli artigiani nel Sogno di una notte di mezza estate, V, 1.

116 II, iii, 236 Cocito, fiume dell’Ade, qui metonimico per l’inferno.

117 II, iii, 265 timeless: sta per untimely («intempestivo», «prematuro»), come altrove in
     Shakespeare, dove però ricorre soprattutto come qualificazione di «end» («fine») o «death»
     («morte»). Più goffo, indubbiamente, questo collegamento con tragedy, come se la tragedia
     potesse mai essere «tempestiva» o «matura».

118 II, iii, 281 Si rivolge naturalmente a Tito.

119 II, iii, 288 Si ripete, rovesciata, la situazione di I, 1, 104 e sgg. Lì era Tamora a inginocchiarsi per
     implorare vanamente Tito di far grazia a suo figlio; qui è Tito che si inginocchia per chiedere,
     altrettanto vanamente, la grazia per i suoi figli a Saturnino, mentre Tamora finge di voler
     intercedere a suo favore.

120 II, iv, 5 Ironia drammatica è proprio con segni che Lavinia comincerà a rivelare i suoi pensieri; e,
     se i moncherini non le consentiranno di scrivere, ella tuttavia riuscirà a «fare la scrivana» (v. 4
     play the scribe) aiutandosi con la bocca (cfr. sotto IV, 1, 77 e sgg.).

121 II, iv, 11 Molto forte in questo passo, più lirico che drammatico, l’influsso ovidiano delle
     Metamorfosi. Il linguaggio presenta inoltre diversi parallelismi con il poemetto The Rape of
     Lucrece.

122 II, iv, 12 Cousin: qui, come altrove in Shakespeare, usato a indicare uno stretto rapporto di
     parentela, escluso il legame genitori-figli-fratelli.

123 II, iv, 20-21 Riferimento iperbolico al rifiuto di Saturnino da parte di Lavinia.

124 II, iv, 38 Altro riferimento alla storia tragica di Filomela e di Tereo narrata con straordinaria
     efficacia da Ovidio. Ricordiamone i tratti essenziali: Tereo, sposato a Progne, ne violentò la
     sorella Filomela, e per impedirle di narrare il fatto le tagliò la lingua; ma Filomela riuscì a rivelare in
     un ricamo la storia alla sorella; insieme si vendicarono orridamente di Tereo imbandendogli le
     carni del figlio Iti. Gli dèi trasformarono Tereo in upupa, Filomela in usignolo, Progne in rondine, Iti
     in fagiano.

125 II, iv, 51 Cerbero, il cane a tre teste posto a sorvegliare l’ingresso dell’Ade, fu incantato dalla
     musica di Orfeo, il poeta trace che varcò la soglia infernale per cercare la sua Euridice.

126 III, i, 16 Con questa allocuzione diretta alla terra si apre, nella immaginazione e nel linguaggio di
     Tito, una linea di riferimenti naturalistici e rituali, geologici e cosmici, che rapportano il dolore, e il
     sentimento tragico, a dimensioni universali. Man mano che si fa sempre più ingannevole, violento
     e grottesco, il sistema dei rapporti umani, ed emergono di conseguenza tratti elementari e
     barbarici, tutti strettamente familiari, se non addirittura tribali, di odio e amore, violenza e dolore,
     risulta evidente, soprattutto nel protagonista Tito, un recupero arcaico e mitico del grande
     scenario naturale-simbolico, in cui è inserita, inscritta, la storia degli uomini. Nel precipitare
     dell’azione tragica, sempre più fitti si faranno gli elementi apocalittici, a riferire violenze, mutilazioni
     e morti individuali ad un contesto di finale sfacelo. È la linea più interessante e originale,
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