Page 2219 - Shakespeare - Vol. 1
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106 II, iii, 131 we desire: la lezione we è di tutte le edizioni antiche, a parte il tardo F2 dove è
     sostituita da ye, lezione accolta da molte edizioni moderne. La lezione ye, è certo più appropriata
     a prima vista, ma we implica una perversa partecipazione di Tamora alla lussuria dei figli che non
     è da scartare in un dramma: così crudele e sensualmente torbido.

107 II, iii, 143 learn: sta per teach, con scambio abbastanza frequente nell’inglese elisabettiano.

108 II, iii, 145 tyranny: nel senso, con cui questa parola viene talvolta impiegata in Shakespeare, di
     «crudeltà», «ferocia».

109 II, iii, 147 Qui chiaramente Lavinia si rivolge a Chirone.

110 II, iii, 149-152 Favola proverbiale.

111 II, iii, 198 L’oscura fossa in cui cadono prima Marzio e poi Quinto sembra dotata di mostruosa
     vita autonoma e costituisce uno dei punti simbolicamente più forti del paradigma orrifico di
     questa tragedia. Tomba (v. 228 monument, v. 240 grave) e cava da inferno classico ad un
     tempo (v. 236 Cocytus), essa è anche e soprattutto - in un interseco di perturbanti (v. 211
     uncouth = uncanny: il «perturbante» freudiano) linee metaforiche - bocca (v. 199 mouth, v.
     273 «the mouth of that same pit»): bocca che succhia (v. 224 blood-drinking pit), o che è
     umida, minacciosamente alitante (v. 236 Cocytus misty mouth), o che divora (v. 235
     devouring, v. 239 swallowing). Ed è anche ventre di enorme bestia (v. 229 ragged entrails) e
     infine utero o vagina che inquietantemente ingoia anziché procreare (v. 239 swallowing womb).
     Bocca, tomba e ventre - secondo il collegamento semantico-fonico comune in inglese, e in
     Shakespeare, dei lessemi womb-tomb - l’orrida fossa è luogo di un doppio terrore, di morte e di
     sesso come morte. Essa è nominata come hole (v. 198 subtle hole, v. 210 blood-stained hole,
     v. 227 this hole, v. 246 what hole), den (v. 215 this den), hollow (v. 249 this gaping hollow), pit
     (v. 224 detested, dark, blood-drinking pit, v. 230 the ragged entrails of this pit, vv. 239-240 the
     swallowing womb / Of this deep pit, v. 273 the mouth of that same pit). Le qualificazioni e le
     determinazioni, come si vede, implicano spesso una vita organica-mostruosa della fossa; ma le
     più forti si hanno in riferimento a pit, lessema ad altissima frequenza relativa in questo dramma
     con 10 occorrenze (tutte in questa scena) su un totale di 20 nell’intero canone shakespeariano.
     La valenza metaforica perturbante del lessema pit, come sesso femminile infernale o sesso
     femminile mortuario, è confermata, a distanza di molti anni, dall’uso che ne fa Lear come
     mostruosa immagine finale nella sua dannazione del sesso femminile in IV, 6, 124-130:

     Down from the waist they are centaurs
     Though women all above;
     But to the girdle do the gods inherit,
     Beneath is all the fiends -
     There’s hell, there’s darkness, there is the sulphurous pit -
     burning, scalding, stench, consumption!
     Fie, fie, fie! Pah, pah!... [corsivo mio]

     («Dalla vita in giù sono centauri / sebbene siano donne sopra; / fino alla cintura le ereditano gli
     dèi, / il sotto è tutto dei diavoli - / lì c’è l’inferno, lì c’è la tenebra, lì c’è l’abisso sulfureo - /
     bruciante, ustionante, puzzo, distruzione! / Schifo, schifo, schifo! Puah puah!... »).
     L’abisso orrido e disgustoso (v. 193 loathsome, v. 210 unhallowed, v. 224 detested), il luogo
     dove non a caso ha inizio, in questo dramma, la catena degli assassinî di figli nella barbarica faida
     familiare, è dunque anche luogo simbolico della violenza più arcaica secondo l’immaginario
     shakespeariano, la violenza del sesso che dà morte anziché vita, sesso della madre-terra e della
     donna, che mutila e inghiotte ciò che aveva generato (cfr. nota a III, 1, 16 e sgg.).
     Nel campo sinonimico, pare dunque gerarchicamente privilegiato il lessema pit. La sua
     dominanza è suggerita sia a livello testuale che macrotestuale, come s’è visto. Nel tradurre, ho
     pertanto eletto pit a parola-matrice dell’intero campo sinonimico, e l’ho tradotta, a seconda della
     sua maggiore o minore pregnanza simbolica, con abisso o con fossa, usando poi buca e buco
     per hole, cavità per hollow, e tana per den. L’intento era quello di rendere, in qualche modo, il
     gioco relazionale e differenziale dei sinonimi originali.
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