Page 2094 - Shakespeare - Vol. 1
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Tu sei in vantaggio su di me; quindi, basta.
T AMORA
Se mi conoscessi, vorresti parlare con me.
TITO
Non sono pazzo; ti conosco fin troppo bene.
Lo testimoniano questo infelice moncherino, queste righe purpuree,
e questi solchi scavati dal dolore e dall’affanno,
lo testimoniano il faticoso giorno e la grave notte,
lo testimonia tutto il mio dolore, che io ben ti riconosco
per la nostra altezzosa imperatrice, la potente Tamora.
Non è per l’altra mia mano che sei venuta?
T AMORA
Sappi, uomo infelice, che io non sono Tamora;
lei è tua nemica, e io tua amica.
Io sono Vendetta, mandata dal regno infernale
a placare il vorace avvoltoio 266 della tua mente
operando terribile vendetta sui tuoi nemici.
Scendi a darmi il benvenuto nella luce di questo mondo
e conferisci con me di assassinio e di morte.
Non esiste fonda caverna né recesso,
né oscuro luogo desolato, né valle nebbiosa
dove il sanguinario assassinio o l’aborrito stupro
possano acquattarsi impauriti, senza che io li scovi
e al loro orecchio dica il mio nome tremendo,
Vendetta, che fa tremare ogni perfido malfattore.
TITO
Sei tu Vendetta? e sei stata mandata da me
per tormentare i miei nemici?
T AMORA
Lo sono; scendi quindi a darmi il benvenuto.
TITO
Fammi un favore prima che io venga da te.
Lì al tuo fianco stanno Stupro e Assassinio;
dammi ora la prova che sei Vendetta: