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disegno: l’azione è altamente stilizzata, come negli spettacoli di
marionette.» E si potrebbe ricordare come i bambini presenti alle
(innumerevoli) repliche del goldoniano Arlecchino servitore di due padroni
messo in scena da Strehler non mancassero mai di strillare frenetici e
forzatamente inutili suggerimenti all’attore, quando cercava
affannosamente la lettera smarrita: «è lì, l’hai messa lì...».
Eppure, il ritorno all’ordine non sarà assolutamente ritorno allo status quo:
forse le lacerazioni sono state troppo forti, troppo radicali. Il naufragio - la
mighty rock che ha spezzato l’albero maestro dividendo, con un unjust
divorce, il Padre dalla Madre - si è verificato anche ad altri livelli, secondo
quei «caratteri seriali e generazionali» che Nemi D’Agostino considera tipici
del procedimento elisabettiano di espansione spaziale, temporale e
linguistica, e ravvisa anzitutto in quello Hamlet da lui definito tragedy of
errors: oltre ai due coniugi, sono stati separati i due figli gemelli; oltre ai
due figli, anche i rispettivi servi. Un’analoga serialità si noterà nei
meccanismi ripetuti degli errors: in I, ii Antifolo scambia il servo del fratello
per il suo, in II, ii Adriana scambia il cognato per il marito, in III, ii Angelo
scambia un Antifolo per l’altro, e così pure farà la Prostituta in IV, iii: sì, noi
sappiamo tutto o quasi tutto, ma è ben possibile che il lettore o spettatore
per quanto attento finisca per rimanere a sua volta dubitoso e perplesso,
magari davanti a quelle ubique coppie di padrone e servo che alla fine
sono al tempo stesso legate, libere per la città, riparate dentro l’abbazia.
Perché termini veramente la commedia degli equivoci, bisognerà che
ritornino in scena le figure paterna e materna, oltre a quel Duca che, forse
tutore di Adriana, esercita un’autorità anche maggiore e comunque accetta
di fungere da “padrino” alla grande festa conclusiva di rinascita e di nuovo
battesimo: magari, perché no, distinguendo con nomi diversi le coppie
omologhe e omofone, ora che si prevede non si separino più e procedano,
come i due Dromi alla fine, hand in hand.
Problema: sono veramente uguali, i gemelli, o solo somiglianti? Se la
struttura gerarchica e ideologica del testo presenta i servi come
virtualmente intercambiabili, questo certo non vale per l’Antifolo di
Siracusa, viaggiatore e flâneur, voglioso fin dall’inizio di perdersi, e l’altro
Antifolo locale, solido cittadino, commerciante, ex-soldato, bene inserito
nella sua comunità, deciso solo a recuperare la propria dignità
compromessa e le proprie certezze: non a caso poi, per una sorta di
chiasmo o di giustizia poetica, al brutto sogno del secondo - sconfitte,
porte chiuse, umiliazioni - corrisponderà il sogno forse pericoloso ma
seducente del primo: doni, inviti, offerte allettanti e inattese:
Sono in cielo, in terra o già all’inferno?