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della sua vita, a costruire un vero e proprio monumento alla Comedy of
Errors, culminante dopo preannunci del 1931 e del 1947 in una colossale
opera del 1965, tesa purtroppo a difendere il testo da qualsiasi accusa di
scarsa originalità, e a dimostrare che il genio shakespeariano non poteva
costituzionalmente prendere a prestito nulla, ma solo donare agli altri i
suoi tesori. Di fronte al tono appassionato di questa arringa, alla sua
innegabile ricchezza documentaria, purtroppo inevitabilmente viziata da un
eccesso di passione e da un concetto tutto esteriore di copyright, appare
consigliabile se non proprio tornare a William Hazlitt (1818: per cui
Shakespeare non riesce a migliorare l’originale plautino, anche perché non
ci lavora abbastanza e perché non è un classical scholar), almeno tener
conto dell’equilibrato saggio di John Arthos (1967), che parte da una buona
conoscenza della commedia classica per sottolineare le variazioni in chiave
geometrica, musicale e metafisica apportate all’originale.
È sul piano della struttura che emergono non tanto le occasionali differenze
quanto le novità che caratterizzano rispetto ai modelli l’opera di
Shakespeare, la sua capacità davvero ineguagliata di non tradire lo schema
ludico e farsesco del plot, ricavandone anzi il massimo di effetto comico e
teatrale, e al tempo stesso la tendenza a “decostruirlo”, lasciando
intravedere e di tanto in tanto emergere in piena luce un subtext
angoscioso e malinconico. Plauto parte da un prologo, non conservato nella
versione Warner, che fornisce logiche e inattaccabili motivazioni al
fenomeno dei due gemelli ignoti l’uno all’altro e chiamati per di più con lo
stesso nome, problema quest’ultimo che a dire il vero in Shakespeare
rimane del tutto ingiustificato e incomprensibile; e imposta la vicenda su
un piano realistico e terragno, col parassita Peniculus perennemente
affamato e alla ricerca di pasti da scroccare, che tiene d’occhio
Menaechmus e i suoi preparativi per una giornata di bagordi: sordo alle
lamentele della moglie, per il momento invisibile, Menaechmus progetta
appunto una cenetta a casa della prostituta Erotium, a cui dona anche un
mantello di proprietà della consorte, e fa estendere l’invito anche al
parassita. Sarà però a lungo trattenuto dagli affari al foro, e nel frattempo,
accompagnato dallo schiavo Messenio, arriva in città il suo gemello,
Menaechmus Sosicles, il Viaggiatore, che corre di porto in porto alla ricerca
del fratello rapito durante l’infanzia. Scambiato da tutti per l’altro, in questa
Epidamno di furbi e di imbroglioni, diversa dall’Efeso stregonesca di The
Comedy of Errors, il Viaggiatore è ben lieto di profittare della situazione, e
si gode il pasto e la ragazza, deludendo peraltro il parassita che dichiara di
non conoscere e che, sentendosi abbandonato, racconta tutto alla moglie
tradita. Al ritorno dal foro, il Menaechmus locale viene respinto sia dalla