Page 1548 - Shakespeare - Vol. 1
P. 1548
ADRIANA
Ora il tempo va indietro, questa è nuova.
DROMIO S.
Oh, se incontra una guardia come quella,
volta le spalle e scappa per paura.
[IV, ii, 55-56]
Ladro e imbroglione, questo «tempo in bancarotta» non può che scappare
all’impazzata; e non a caso, del resto, a Adriana che invidia il dominio sul
tempo dell’uomo, la sua libertà assoluta rispetto al tempo delle donne, la
sorella Luciana ricorda che in realtà l’uomo può e deve comandare su tutto,
ma non sul tempo: «Time is their master» (II, i, 8). È significativo, in ogni
caso, che proprio in sintonia con il tempo impazzito dell’edizione
Komisarievsky sia apparsa la prima lettura moderna della Comedy come
testo dominato da un comic horror (G.R. Elliott, 1938); e che rifacendosi
appunto a quell’edizione scenica Gamini Salgado abbia scritto, in epoca
relativamente recente (1972), le osservazioni forse più illuminanti che a
quest’opera siano mai state dedicate. Per Salgado, la Comedy è un film
proiettato alla rovescia, un sogno, un labirinto; «dei millesettecento e
passa versi della commedia più di settecento sono occupati da questo o
quel personaggio per fornire la propria versione di quel che è accaduto»,
ma nessuna informazione è affidabile; e la confusione delle identità
significa anche rottura dei ruoli familiari e sociali. Ancora: le undici scene
del testo «consistono di un’azione contenuta all’interno di un’altra azione
esterna o cornice», e solo alla fine le due traiettorie si unificano. Forse,
potremmo aggiungere, questo duplice percorso del plot è un altro doppio,
accanto a quelli che riguardano i personaggi-gemelli, lo spazio (basta
pensare alle coordinate invisibili che attirano via via verso il mercato,
centro dell’intrigo, e verso il porto, luogo della fuga sempre possibile e
sempre rimandata) e naturalmente il Tempo, che non è solo quello
minuscolo degli orologi (impazziti) ma anche il Tempo, maiuscolo e
crudele, che deforma la bellezza dell’infelice Adriana (II, i, 90) e rende i
padri irriconoscibili ai figli (V, i, 299).
Come leggere The Comedy of Errors, allora? Questo testo fittissimo di
indicazioni deittiche, di richiami ossessivi all’io e al tu, anzi di interrogativi
rivolti a un Tu perché rassicuri sull’identità dell’Io (e forse perché metta in
fuga la paura di essere soltanto un Lui, la paura se vogliamo dello je est un
autre), è anzitutto un testo che esige la propria messa in scena e
continuamente per così dire ne invoca la verifica, come temesse di non