Page 1544 - Shakespeare - Vol. 1
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MENECMO II
      Pol profecto haud est dissimilis, meam quam formam noscito.*

     [* MES. Per gli dèi immortali, cosa vedo? / MEN. II Che vedi? / MES. La tua immagine riflessa. /
MEN. II Che stai dicendo? / MES. È la tua immagine, non potrebbe essere più somigliante. / MEN. II
Per Polluce, non è affatto diversa, ora che riconosco i miei lineamenti.]

Messo sull’avviso dal suo servo Messenio, uno dei due Menecmi, Sosicle, il
Viaggiatore, quello che va cercando di paese in paese il fratello perduto,
deve riconoscere di averlo trovato, di avere davanti a sé il proprio
specchio: ma lo ammette non senza riluttanza, non senza averci dovuto
pensare su: certo, un po’ mi somiglia (haud est dissimilis), ora che mi
guardo in faccia. In The Comedy of Errors il servo Dromio (di Efeso), a sua
volta sdoppiato e fornito di un gemello, sull’esempio del Sosia
dell’Amphitrio e in apparenza per moltiplicare le occasioni burlesche, si
proietta molto più entusiasticamente nell’immagine di sé che gli offre l’altro
Dromio, quello che viene da Siracusa, e che come lui non ha fatto che
prendere botte per tutta la giornata:

Forse tu mi sei specchio, non fratello,
e in te vedo che sono un bel ragazzo.

                                         [V, i, 416-417]

È il momento del riscatto - non isolato - per un personaggio, anzi per due
personaggi, che potrebbero sembrare puramente funzionali al meccanismo
farsesco: ma c’è di più. C’è il ricordo, forse involontario e automatico,
dell’inganno di Narciso; c’è la spontanea adesione a un’onnipresente
immagine barocca; al tempo stesso non è del tutto assurdo leggervi fra le
righe la premessa ai veleni insidiosi del Moderno, la stagione dei ritratti
stregati e degli specchi-delle-mie-brame. Non si tratta, del resto, della sola
fra le indicazioni anticipatrici e inquietanti. Sempre Messenio, in Plauto,
dichiara di non aver mai visto due uomini più somiglianti fra loro: neque
aqua aquae nec lacte est lactis, crede mi, usquam similis (e Warner
traduce: water to water, nor milk to milk, is not liker than he is to you ).
Nella Comedy, immersa fin dall’antefatto in una luce d’acquario, fra viaggi
per mare, naufragi e speranze di raggiungere il porto, la magnetica
attrazione dell’altra goccia d’acqua ispira all’Antifolo siracusano, e proprio
nella sua prima apparizione, uno dei momenti più alti dell’intero canone
shakespeariano:

      Sono una goccia d’acqua nell’oceano
      che invano cerca un’altra goccia, e poi,
      non riuscendo a trovar chi le somigli,
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