Page 1276 - Shakespeare - Vol. 1
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precedenti della tradizione popolare, letteraria e teatrale, ma anche perché
Shakespeare sembra accentuare certe caratteristiche specifiche e peculiari
d e l l a shrew, che ne rendevano inevitabile ed anzi “liberatoria” la
sottomissione.
Val la pena di ricordare che il termine s hre w indica in origine, già
nell’antico inglese, un topo del genere Sorex (etimologicamente, sorex >
shrew), ritenuto popolarmente maligno, capace di mordere e avvelenare,
che squittisce rabbiosamente e dedito anzi a «squeaking matches». In
seguito (già in Langland e Chaucer) il termine passa a indicare una
persona (indifferentemente maschile o femminile, come per witch - e
l’accostamento non è casuale) di carattere malefico, perversa, rabbiosa e
maldisposta, un cattivo spirito, fino a designare il Maligno per eccellenza, il
Diavolo. Shrewd e shrewish significavano egualmente “maligno, perverso”,
mentre il verbo to shrew equivaleva a to curse (“maledire”: si tenga a
mente fin d’ora l’equivalenza); ne resta traccia in Shakespeare
nell’esclamazione beshrew me!, equivalente al nostro “che il diavolo mi
porti!”.
Nel termine è dunque insita l’idea dell’animalità perversa e malefica, e
della malignità diabolica, che permane nella parola anche quando passa a
indicare (già in Chaucer) “donna che strepita, dalla lingua lunga,
pestilenziale e perversa” - insomma, la bisbetica. Questo è il significato in
cui la usa Shakespeare - ma con evidente consapevolezza delle
concrezioni di significato che essa comporta, e che egli anzi esplicita (A
Merry Jest of a Shrewde and Curste Wyfe, recitava del resto il titolo di una
sua possibile fonte). Caterina è naturalmente vista e definita dagli altri
personaggi, non da se stessa, e quindi negativamente; e nella sua
definizione prevalgono gli stereotipi della natura da un lato “animalesca”,
dall’altro “diabolica”, della shrew. Comincia Gremio, all’inizio, che la giudica
«too rough for me» e la vorrebbe scarrettata come una prostituta (I, i, 55);
Gremio e Ortensio usano la formula chiesastica per esser liberati da un
simile diavolo (I, i, 66); per Gremio è «this fiend of hell» (I, i, 88), «a devil»
(I, i, 121 e 123) che dovrebbe ricongiungersi a «the devil’s dam» (I, i, 105).
Tranio usa per primo una delle parole-chiave per definirla, froward -
rissosa e riottosa. Non solo passa più volte per matta (stark mad, I, i, 69;
mad herself, she’s madly mated , III, ii, 244), ma è soprattutto curst,
shrewd, maledetta nel senso suddetto di indemoniata, indiavolata (come si
è quindi conseguentemente tradotto), posseduta quasi dal demonio,
diabolica. Così la definiscono Tranio ( I, i, 180, ii, 69), Petruccio (II, i, 285),
Ortensio e Grumio (I, ii, 59, 88, 127, 128-129: «Katherine the curst, / A
title for a maid of all titles the worst»), e via dicendo. Il padre stesso la
definisce «hilding of a devilish spirit» (II, i, 26).