Page 1064 - Shakespeare - Vol. 1
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di chiunque sia stata la mano che ha trafitto i loro teneri cuori,
fu tua la mente che la guidò di soppiatto.
Il pugnale omicida era senza dubbio spuntato ed ottuso,
finché non l’affilò il tuo cuore di pietra,
perché affondasse nelle viscere dei miei agnelli.
Ma non fosse che la consuetudine del dolore rende mansueto il dolore
più selvaggio,
la mia lingua non farebbe ai tuoi orecchi il nome dei miei fanciulli
prima che le mie unghie fossero ancorate nei tuoi occhi,
e che io, in un così ferale golfo di morte,
simile a misero vascello che ha perso le vele e le sartie,
mi fossi fracassata sullo scoglio del tuo petto.
RE RICCARDO
Signora, possa io aver fortuna nella mia spedizione
e nell’esito rischioso della guerra sanguinosa,
com’è vero che ho in animo di fare più bene a voi e ai vostri
di quanto mai voi e i vostri abbiate avuto da me danno.
ELISABET T A
Quale bene può esistere da scoprire sotto la volta celeste
che possa farmi del bene?
RE RICCARDO
L’elevazione della vostra prole, nobile signora.
ELISABET T A
A qualche patibolo, per perdervi la testa.
RE RICCARDO
All’onore e al vertice della fortuna,
all’augusto emblema imperiale della gloria terrestre!
ELISABET T A
Non lusingare con questa descrizione il mio dolore.
Dimmi quale maestà, quale dignità, quale onore
sei in grado di trasmettere ad una qualsiasi delle mie creature?
RE RICCARDO
Tutto ciò che ho - sì, me stesso ed ogni cosa