Page 544 - Galileo. Scienziato e umanista.
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concessione  accordò  a  Galileo  il  permesso  di  partecipare  alla
                messa in una chiesa vicina durante le vacanze, «ammesso che

                non  ci  sia  folla»     137 .  Vincenzo  acconsentí  ad  applicare  queste
                condizioni, «come si confessa obbligatissimo […] per la grazia

                fatta» e (abbiamo qui a che fare con un cinico di professione)
                «complendo  assai  all’interesse  suo  proprio  che  il  padre  si

                governi e che campi assai, perché con la morte di [Galileo] si

                perdono mille scudi che le dà l’anno il Granduca»                    138 .
                    Nell’autunno del 1638 alle solite lamentele Galileo aggiunse

                coliche, mancanza d’appetito e delirio. «Disgustatissimo d’ogni
                cosa,  il  vino  nimicissimo  alla  testa  et  a  gli  occhi,  l’acqua  a  i

                dolori di fianco […]; l’inappetenza è grande, nessuna cosa mi
                gusta, e se alcuna mi gusterebbe m’è del tutto proibita. Questi,

                      r
                Sig.   mio  [Diodati],  sono  a  me  travagli  grandi;  ma  molto
                maggiori  sono  i  fastidii  che  mi  perturbano  per  molti  versi  la

                mente e la fantasia»         139 . Nel settembre del 1639, in preda a un
                dolore artritico, grida a Castelli: «non posso esser piú seco». Nel

                febbraio  del  1640  descrive  la  propria  condizione  come  un
                inferno sulla Terra – o meglio, da preciso geografo dell’inferno,

                «uno  inferno  terrestre  superficiale»            140 .  La  sua  ultima  malattia
                inizia nel novembre del 1641: un visitatore lo trovò sofferente

                per una febbre che lo aveva costretto a letto per due settimane.

                Ma  non  era  ancora  finita:  «mi  disse  che  aveva  grandissima
                soddisfazione  del  nuovo  mattematico  Torricelli,  e  che  aveva

                ricevuto  grandissimo  gusto  in  sentir  confrontare  alcune  nuove
                dimostrazioni tra lui e ’l Viviani»            141 .

                    Galileo morí la sera dell’8 gennaio 1642, alla presenza di suo
                figlio  e  dei  suoi  protégés  matematici.  La  salma,  come  da  lui

                richiesto, venne tumulata in Santa Croce, ma non nella tomba
                dei suoi avi, come invece avrebbe voluto. Non volendo sfidare

                le autorità romane con una commemorazione della morte di un
                uomo veementemente sospetto di eresia, la famiglia tumulò le

                spoglie  mortali  di  Galileo  in  una  stanza  oscura  ai  piedi  della
                torre  campanaria.  Il  granduca  Ferdinando  aveva  intenzione  di
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