Page 535 - Galileo. Scienziato e umanista.
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possono essere adattati ai telescopi galileiani. Già nel 1642,
l’anno della sua morte, il telescopio di tipo kepleriano, che
consentiva facilmente di inserire una griglia di misurazione sui
piani focali comuni dell’obiettivo e dell’oculare, aveva preso il
posto del tipo di telescopio con cui Galileo aveva fatto le
proprie scoperte 116 . Si diceva che a Torino un francese,
utilizzando un telescopio di questo tipo, lungo 38 palmi, aveva
osservato le onde sui maria della Luna 117 .
Quanto alla meccanica, nel 1638 Galileo dettò una quinta
giornata sulla percossa, da aggiungere alle quattro giornate già
pubblicate dei Discorsi. Un ex studente di Galileo, padre Paolo
Aproino, che era morto a marzo di quell’anno, si uní a Salviati e
a Sagredo in sostituzione di Simplicio. Aproino superava
facilmente Simplicio per la sua conoscenza della meccanica e
per l’ammirazione che nutriva per l’«huomo […] piú grande che
sii mai stato al mondo» 118 . La quinta giornata è del tutto
qualitativa e, per gli standard di Galileo, alquanto debole. Aveva
passato migliaia di ore (aveva detto) per comprendere per quale
motivo un grande peso appoggiato su un chiodo non riusciva a
infilarlo, mentre ci riusciva senza problemi un martello
relativamente leggero, con pochi colpi bene assestati. La sua
tecnica preferita, quella di ridurre i problemi meccanici
all’azione di una leva, gli aveva suggerito un’analogia fra il
sollevamento di un peso considerevole per una breve distanza,
da una parte, e il lento progredire di un chiodo colpito da un
martello manovrato con ampi movimenti, dall’altra. Ma questo
non lo portò lontano da quanto viene detto nel frammento della
quinta giornata che ci è arrivato 119 .
Torricelli cercò di completare la giornata utilizzando la
tecnica, intrinsecamente galileiana, di sostituire la meccanica
della percossa con la cinematica della caduta libera. Un grave
che cade aggiunge a ogni istante un grado di momento a tutti gli
altri momenti acquistati precedentemente durante la discesa; la
«potenza» della percossa risiede in questa accumulazione, che