Page 697 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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nella teoria dell’attrazione del simile da parte del simile. Siamo però autorizzati a
pensare che, se Galileo non incluse questo frammento o questa idea nel testo pubblicato,
fu perché non credeva che contribuisse a una maggior comprensione del fenomeno.
Dunque, anziché dedicarsi a letture «moderne» del testo, sembra più opportuno limitarsi
a rinviare le affermazioni galileiane sul sistema Terra-Luna al modello geometrico
tradizionale dell’epiciclo-deferente, che coincide perfettamente con quanto detto da
Galileo e oltretutto presenta un chiaro parallelismo con la sua spiegazione delle maree
mediante questo espediente geometrico.
40 Nella dedica dell’Astronomia Nova, Keplero diceva a proposito di Marte: «Ecco il
potentissimo trionfatore delle invenzioni umane: che, irrise tutte le spedizioni degli
astronomi, infrante le loro macchine da guerra, sbaragliati gli eserciti ostili, aveva
serbato con sicurezza il segreto del suo impero in tutti i secoli trascorsi e aveva percorso
le sue vie in una totale libertà» (Keplero, Gesammelte Werke, vol. III, p. 8). Buona parte
del libro narra la lotta che per oltre cinque anni Keplero impegnò con i dati precisi di
Tycho Brahe e con se stesso, imprigionato dalla tradizione nel dogma della circolarità e
uniformità dei movimenti celesti, prima di accettare che l’orbita di Marte era un’ellisse.
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Già prima di scoprire la prima legge, secondo la quale l’orbita dei pianeti è un’ellisse,
in uno dei cui fuochi sta il Sole, Keplero aveva scoperto, per vie quanto mai tortuose,
quella che oggi sappiamo essere la sua seconda legge: il raggio vettore che unisce il
Sole al pianeta descrive superfici uguali in tempi uguali. È questa la causa
dell’irregolarità del moto della Terra nella sua orbita, e non quella addotta qualche
tempo prima da Galileo, che mai avrebbe accettato l’ellitticità delle orbite.
42 Come si è detto, si tratta della proiezione dei piani di due meridiani perpendicolari tra
loro. Il cosiddetto coluro solstiziale passa per i poli e per il solstizi; il coluro equinoziale
passa per i poli e gli equinozi.
43 Galileo li definisce nel suo Trattato della sfera: «Li due cerchi polari vengono
descritti da i poli dello zodiaco, mentre che, per la rivoluzione diurna, si volgono intorno
a i poli dell’equinoziale; essendo manifesta cosa, che tutti i punti della superficie della
sfera, mentre che essa sopra i suoi poli si raggira, descrivono circumferenze di cerchi. E
perché, come abbiamo detto il zodiaco è obliquo all’equinoziale, declinando dall’una e
l’altra parte circa 23 gradi e mezo nelle massime declinazioni, tanto saranno i poli
d’esso zodiaco lontani da i poli dell’equinoziale. L’uno di questi cerchi, ciò è quello
ch’è descritto intorno al polo artico, si chiama circolo artico; e l’altro, intorno all’altro
polo, circolo antartico» (Opere, II, p. 233).
44 È un atteggiamento, questo, che ci ricorda Cartesio, il quale lo ha portato al limite.
Assolutamente convinto della verità del suo meccanicismo, lasciò la costruzione della
meccanica ai suoi successori che si occupassero dei particolari noiosi. È, come si vede,
esattamente l’atteggiamento che qui fa proprio Galileo nel caso della teoria delle maree.
La questione è però un tantino più «succosa», perché nella Giornata prima Galileo ha
criticato, con grande ironia, questo stesso atteggiamento, considerandolo aristotelico.
Effettivamente, in Opere, VII, pp. 189-190, egli fa dire a Simplicio che Aristotele si era
occupato degli universali, aveva voluto definire gli elementi essenziali del movimento e
le loro classi, la causa dell’accelerazione, lasciando le sottigliezze e i particolari come la
proporzione dell’accelerazione, la continuità del movimento dei proietti e altri dettagli ai
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