Page 694 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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all’inizio  del  secolo  XVI  nel  significato  di  «vento  di  nord-est  o  di  est  perlopiù  assai
          forte».  Nella  Historia  ventorum  del  1622,  Bacone  se  ne  serve  in  questo  senso,
          riprendendolo  da  Acosta  (Rossi,  1971,  p.  163).  Per  Galileo,  tuttavia,  la  notizia  più
          diretta in proposito la si ha nella citata lettera di Buonamici: «Universalmente affermano
          tutti li huomini celebri marinareschi, che infra li tropici et l’equinotiale regnino continui
          venti di levante, che gli Spagnuoli chiamano brisas (et perciò noi habbiamo forse di qui
          derivato il chiamar brezze li venti sottili)» (Opere,  XIV,  p.  74).  Che  lo  faccia  dire  a
          Sagredo, che non ricorda come questi venti sono chiamati dai marinai, è un’ulteriore
          riprova  che,  dopo  le  informazioni  ricevute  da  Buonamici,  Galileo  non  modificò
          minimamente ciò che aveva scritto e che stava rivedendo.
          30  Come si è visto, dalle lettere di Buonamici Galileo sapeva che tra i tropici a volte si

          verificavano uragani, ma si direbbe che qui si riferisca a venti più o meno costanti.
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             Shea fa notare che si tratta di un’affermazione sconcertante, dicendo che «Il vento
          prevalente  a  est  dell’Italia  è  infatti  un  vento  occidentale  in  tutte  le  stagioni  e  non
          orientale come sostiene Sagredo» (Shea, 1974, p. 229).
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              Indubbiamente  a  questo  punto  non  ci  si  può  non  chiedere  per  quale  ragione  nello
          Stretto di Messina, il cui orientamento generale è, sia detto di passaggio, da nord a sud
          (e solo alla Punta del Faro è da levante a ponente), il fatto che la corrente vada e venga
          da oriente a occidente e viceversa sia decisivo per negare l’intensità del flusso generale
          del  Mediterraneo  alla  volta  dell’Atlantico.  Come  abbiamo  visto  più  sopra,  quando
          Galileo  prospettava  l’eventualità  che  le  maree  fossero  dovute  all’entrata  dell’acqua
          dall’Atlantico  per  lo  Stretto  di  Gibilterra,  metteva  in  ridicolo  l’idea  esponendo  le
          «ovvie» difficoltà che ciò implicherebbe. Adesso, tuttavia, non sembra che prenda molto
          sul serio le difficoltà non meno ovvie che possono venirgli dalla sua affermazione che il
          Mediterraneo  scarichi  acqua  nell’Atlantico.  Egli  si  limita  a  minimizzarne  le
          conseguenze  perché  l’osservazione  avanzata  da  Sagredo,  che  pure  conferma  la  sua
          teoria  dei  venti,  perderebbe  consistenza  smarrendosi  nel  flusso  generale  del
          Mediterraneo alla volta dell’Atlantico.
          Se fin qui abbiamo sottolineato che in questi casi Galileo non dà prova di uno spirito
          sperimentalistico, ora si deve aggiungere che non fa neppure sfoggio della sua tendenza
          e abilità nell’applicare la matematica. Aristotele criticava la teoria pluviale dell’origine
          dei fiumi obiettando che, se questi nascono da un grande ricettacolo all’interno della
          Terra alimentato dalla pioggia, i conti non tornano, tanto più se consideriamo l’enorme

          quantità  d’acqua  che  scorre  nei  fiumi.  Ignoriamo  come  Aristotele  abbia  fatto  i  suoi
          calcoli. Tuttavia egli afferma essere «ovvio che un ricettacolo che debba contenere tutta
          l’acqua che scorre in un anno dovrebbe essere più grande della Terra o, comunque, non
          molto minore» (Meteorologica, I, 13, 349b 17-20). Per molto tempo nessuno mise in
          dubbio questa pur azzardata affermazione, ma proprio un giovane collega di Galileo,
          Giovanni  Battista  Riccioli,  si  occupò  seriamente  di  questo  problema  e  di  molti  altri
          simili,  calcolando  per  esempio  che  nel  corso  di  un  anno  tutti  i  fiumi  del  mondo
          semplicemente alzerebbero il livello del mare di circa 12 metri, riempiendo in 152 anni i
          mari  vuoti.  Secondo  i  dati  attuali,  essi  eleverebbero  il  livello  del  mare  di  soli  9,7
          centimetri,  sicché  occorrerebbero  35.000  anni  per  riempire  i  bacini  marini  vuoti.
          Comunque,  Aristotele  era  completamente  fuori  strada.  D’altro  canto,  all’incirca  nello




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