Page 696 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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pp. 261-264) ne fornisce una dimostrazione nel Teorema XXII, Proposizione XXXVI, a
          partire dalla quale enuncia lo Scolio dove si dimostra che «il movimento più veloce da
          estremo ad estremo non avviene lungo la linea più breve, cioè la retta, ma lungo un arco
          di cerchio» (trad. it. in Galilei, 1958, p. 284). In realtà, non è certo che, per andare da A
          a B, l’arco del cerchio sia il percorso che richiede il tempo più breve. Nel 1696, Jean
          Bernoulli  dimostrò  per  primo  che  la  curva  che  ha  questa  proprietà  è  cicloide,  e  la
          denominò brachistòcrona.
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             È chiaro che qui si ha un ulteriore annuncio di quelle che saranno la Giornata terza e
          la Giornata quarta dei Discorsi.
          39  Burstyn ha interpretato questo passo nel senso che Galileo vi abbia affermato, per la
          prima volta, che l’orbita della Terra intorno al Sole è descritta non dal centro della Terra
          ma  dal  centro  di  massa  del  sistema  Terra-Luna  (Burstyn,  1962,  pp.  167-179).  Aiton
          (1963)  contestò  quest’attribuzione,  sottolineando  l’anacronismo  di  Burstyn,  che  in
          seguito questi avrebbe riconosciuto (Burstyn, 1963, p. 400). Ciò nonostante, il problema
          non si riduceva a questo particolare e la discussione continuò (Aiton-Burstyn, 1965).
          In ogni caso, resta molto inquietante il fatto che questo accenno di Galileo alla virtù o
          forza che muove i pianeti e la sua affermazione che quella che muove la Terra e la Luna
          si mantiene «sempre del medesimo vigore» risultano assai strane. È una considerazione

          dinamica nella quale Galileo non entra mai – e tantomeno nel caso del mondo celeste –,
          se non per evitare di trattarla. È evidente che l’idea copernicana delle sfere solide che
          trascinano i pianeti è entrata in crisi già con Tycho Brahe, e che al pari di molti altri
          Galileo l’ha abbandonata. Senza un motore immobile, dunque, e senza sfere, è chiaro
          che occorre un qualche tipo di forza che muova i pianeti. Ma Galileo non si spinge al di
          là della marginale accettazione della necessità della sua esistenza: perlomeno, non ha
          intenzione  di  farlo  nelle  sue  pubblicazioni.  Sappiamo  tuttavia  che  Galileo  fu  tentato
          dall’idea di inserire qualche allusione, cosa che però non fece, nel testo destinato alla
          pubblicazione,  come  dimostrano  certi  Frammenti  attinenti  al  Dialogo,  dove  il  tema
          viene affrontato. Vi si legge infatti:
          «Le parti della Terra hanno tal propensione al centro di essa, che quando ella cangiasse
          luogo, le dette parti (benché lontane dal globo nel tempo della mutazione di esso) la
          seguirebbero per tutto: esempio di ciò sia il séguito perpetuo delle Medicee, ancora che
          separate continuamente da Giove.
          «L’istesso si deve dir della Luna, obbligata a seguir la Terra: il che serva per i semplici,
          che  hanno  renitenza  a  capire  come  questi  2  globi,  non  sendo  legati  insieme  con  una
          catena o infilzati ’n un’asta, si conseguitino l’un l’altro, sì che all’incitarsi o ritardarsi
          dell’uno, si acceleri o ritardi l’altro» (Opere, VII, p. 544).

          Sono in realtà idee che già conosciamo: è la stessa teoria copernicana della gravitazione
          che Galileo ha esposto in precedenza, la tendenza cioè dei simili a unirsi in un tutto. La
          novità consiste nel fatto che la Luna viene considerata una parte terracquea in più. In fin
          dei conti, Galileo si era reso conto che la Luna è simile a una Terra, e pare che egli
          estenda il concetto ai satelliti in generale. Più oltre però non va e, in ogni caso, questo
          non  ha  nulla  a  che  vedere  con  la  gravitazione  universale  che  giustificherebbe
          l’affermazione di Burstyn. Il telescopio ha rivelato che i satelliti seguono i pianeti, che
          la Luna è terracquea, e questo ha permesso a Galileo di integrare i satelliti e i loro moti




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