Page 692 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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verifichi una semplice oscillazione delle acque, senza aumenti di sorta per nessuno dei
due mari. Più avanti, però, ci imbatteremo in affermazioni che in linea di massima non
si conciliano bene con questa. In ogni caso, nel novembre del 1629, quando in una
lettera Galileo diceva «sono sul finire alcuni Dialoghi ne i quali tratto la costituzione
dell’universo…» ignorava quello che accadeva nello Stretto di Gibilterra come negli
altri stretti citati. In tale lettera a Giovanfrancesco Buonamici, che si trovava a Madrid,
un po’ più avanti aggiungeva: «Sentirei anco volentieri quello che accaggia nel passare
lo stretto di Magaglianes circa le correnti, come ancora quello che si osservi nello stretto
di Gibilterra, pur nell’ingresso e regresso dell’Oceano. Nel Faro di Messina le correnti
sono di 6 hore in 6 hore veementissime. Sentirei volentieri qualche osservazione che
fusse stata fatta nello stretto tra l’isola di San Lorenzo [il Madagascar] e la costa
d’Affrica opposta; et in somma quanti più particolari io potessi sapere, più mi sarebbono
grati, perché l’istorie, cioè le cose sensate, sono i principii sopra i quali si stabiliscono le
scienze» (Opere, XIV, p. 54). Certo è che, dopo aver visto fare a Galileo
quest’affermazione del Discorso del 1616, dove auspicava «una copiosa distinta e
veridica istoria di osservazioni fatte da uomni periti e diligenti in diversi luoghi della
Terra» (Opere, V, p. 395), nella lettera come nel Dialogo essa sembra più simile a un
ritornello che a una seria dichiarazione metodologica. Comunque, la cosa più importante
è che Buonamici, nella sua risposta, non diede a Galileo nessuna informazione circa
quanto accadeva in tali stretti, limitandosi a dirgli che quando le avesse avute, gliele
avrebbe comunicate. Se non dovesse bastare, la lettera di Buonamici è datata 1° febbraio
1630, quando cioè Galileo aveva già terminato l’opera e la stava rivedendo. Si veda più
avanti la nota 28 sugli alisei e le calme equatoriali.
23
Qui si concludeva il Discorso del 1616 per quanto concerne le maree, anche se
Galileo non mancava di aggiungere alcune pagine relative agli alisei, fornendo la stessa
spiegazione che vedremo più avanti.
24
Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, XII, v. 63.
25
È un’idea che risale a Copernico, De revolutionibus, I, 8. Si veda l’Introduzione, pp.
87-89.
26 Sosio afferma che la frase «per non piantare il terzo» significa che non bisogna
lasciare che Sagredo si trovi a discutere solo con Simplicio, ma la si può interpretare
anche in un altro modo: se smettesse di discutere con Simplicio, Sagredo resterebbe
all’oscuro e Salviati non ha intenzione di piantarlo a mezzo.
27
Cioè dell’elemento terra.
28
Galileo si riferisce qui ai venti alisei, ma questo è un passo che getta luce anche
sull’atteggiamento di Galileo di fronte ai fatti importanti per la sua teoria. È noto che nel
novembre del 1629, quando già stava per terminare il Dialogo, Galileo chiedeva
informazioni, non su particolari relativi agli alisei, bensì sulla loro esistenza. Nella
lettera menzionata sopra (nota 22) a G. Buonamici del 19 novembre 1629, oltre alle
informazioni già dategli, Galileo gli dice: «E già che io non posso andare attorno, e la
copia delle particolari osservazioni conferisce assai alla confermazione di quello che
tratto, voglio pregare V.S. a procurar di abboccarsi con qualcuno che habbia navigato
assai e che nel navigare sia stato curioso del far qualche osservazione delle cose
naturali; et in particolare desidererei d’essere assicurato della verità di un effetto che
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