Page 700 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Se così stanno le cose, la critica di Galileo, basata sul fatto che la rotazione terrestre e il
moto della Luna si svolgono nella stessa direzione, non avrebbe valore. Il meccanismo
proposto da Seleuco non si baserebbe sulle opposte direzioni del movimento della Terra
e della rivoluzione della Luna, come sembra supporre Galileo, bensì nelle diverse
velocità relative della rotazione terrestre e della rivoluzione lunare (si veda Heath, 1981,
pp. 305-307).
48 Nella nota 39 a questa stessa giornata, abbiamo visto che in uno dei frammenti
pubblicati da Favaro Galileo faceva allusione alla tendenza della Luna verso la Terra,
equiparandola alla tendenza delle parti verso il loro tutto. Galileo però non inserì il
passo nel testo che fu infine pubblicato. È evidente che non si sentiva a suo agio con
queste idee, forse anche perché, come qui vediamo, con esse si avvicinava a un tipo di
concezione che avvertiva come estranea, e nei confronti della quale provava profonda
avversione. Keplero, che si trovava del tutto a suo agio sia nell’astronomia matematica
sia in un pitagorismo mistico e in una metafisica altamente speculativa del tutto estranea
al meccanicismo, ebbe il coraggio di spingersi oltre. Nell’Introduzione all’Astronomia
nova, che già nel lungo titolo si presentava come una Fisica Celeste, Keplero cominciò
a mettere in relazione tra loro elementi che in precedenza nessuno aveva collegato. Per
la prima volta, pensò la gravità non come una «tendenza verso» [il tutto propria delle
parti], bensì come un’«attrazione» delle parti tra loro. «La gravità è una disposizione
corporea reciproca tra corpi affini che li porta a unirsi o a congiungersi (in quest’ordine
di cose rientra anche la facoltà magnetica), in modo tale che la Terra attragga la pietra
assai più di quanto la pietra tenda verso la Terra.» E questa attrazione fa sì che i corpi
affini, ovunque si trovino, si avvicinino in proporzione alle loro masse. «Se la Luna e la
Terra non fossero trattenute, ciascuna nel suo circuito da una forza animale o un’altra
equivalente, la Terra salirebbe verso la Luna per la cinquantaquattresima parte
dell’intervallo che le separa, e la Luna discenderebbe verso la Terra di circa cinquantatré
parti, e ivi si congiungerebbero; posto tuttavia che la sostanza dell’una e dell’altra
avessero esattamente la stessa densità.» Keplero però aggiunge anche altro, e qui si
colloca il punto concreto che soprattutto ci interessa: «Se la Terra cessasse di attrarre
verso di sé le sue acque, tutte le acque del mare si alzerebbero e inonderebbero il corpo
della Luna». Quel che invece accade in realtà è che le acque si alzino «verso le regioni
dove la Luna rimane allo zenit», ciò che provoca il ciclo delle maree (si vedano
Keplero, Gesammelte Werke, vol. III, pp. 25-26; Simon, 1979, pp. 346-347).
Successivamente, nel Somnium seu astronomia lunari, Keplero aggiungeva altro ancora,
spiegando le maree con l’azione combinata del Sole e della Luna: «Gli esperti marinai
dicono che la marea dell’oceano è maggiore nelle sizigie dei corpi celesti [quando la
Terra, la Luna e il Sole sono in linea tra loro, cioè in opposizione o in congiunzione] che
non nelle quadrature [situazione relativa di due corpi celesti che in altezza o ascensione
retta distano tra loro di uno o tre quarti di cerchio]. Ma le cause della marea dell’oceano
pare che siano i corpi del Sole e della Luna che attraggono l’acqua del mare con una
certa forza simile al magnetismo». Proseguendo, Keplero accenna alla possibilità che il
flusso notturno – quando i luminari sono assenti – si debba al fatto che l’acqua,
trascinata dalla Luna, rimbalzi sulle coste dell’America e quindi reciprocamente lo
faccia sulle coste dell’Europa e dell’Africa, ma non si spinga più in là (Keplero,
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