Page 699 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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(ibid., p. 753). Sia detto di passaggio, Ellis fa notare che Acosta non dice affatto ciò che
Bacone gli attribuisce («Prefazione» al vol. III di Bacone, 1858, p. 45).
Va tenuto presente che il testo baconiano è del 1620. Ignoriamo se Galileo avesse letto il
Novum Organum, ma ci consta che non mancavano carteggi fra amici comuni che, come
abbiamo visto, in precedenza li avevano informati e avevano fatto giungere loro i
rispettivi lavori. Ma abbiamo già visto che Galileo era più interessato a sottolineare la
complessità dei fatti logicamente possibili, che non a verificare ciò che realmente
accade.
46 Come ricorda Shea (1974, p. 233), sebbene qui Galileo non faccia nomi, in una lettera
del 20 marzo 1632 a Cesare Marsili (Opere, XIV, pp. 334-335) menziona come
rappresentanti di questa posizione Cesalpino e Origano. Data la puntualizzazione che
Galileo fa subito dopo a proposito di Seleuco – e anche per la sottile ironia di cui dà
prova – varrà la pena di citarla. Alludendo a un’opera di Roffeni che non è giunta fino a
noi, Galileo dice: «Veddi il luogo dove il S. Roffeni mi honora col mettermi a parte
della gloria con l’antico Seleuco matematico nell’investigazione della ragione del flusso
e reflusso: il che io stimo assai, per essermi incontrato con l’opinione di sì gran filosofo,
che potrà arrecar credito a tal dottrina; se ben veramente io credeva d’essere stato il
primo di tal concetto, non dirò di referir la causa di tale effetto al moto della terra, ma di
attribuirgliela in modo che l’effetto ne possa seguire, e non in modo tale che da quello
non habbia dependenza alcuna, come fa l’Origano, il Cesalpino, e forse anco l’istesso
Seleuco, se si potesse vedere il modo col quale esso lo deduceva, perché il dare alla terra
un moto solo et equabile non può causare simile alterazione nel mare». A conferma poi
della sottile ironia, possiamo ricordare qui che in uno dei Frammenti attenenti al
Dialogo, pubblicati da Favaro, Galileo afferma che «Molti si pregiano d’aver molte
autorità di uomini per confermazione delle loro opinioni; ed io vorrei essere stato il
primo e solo a trovarle» (Opere, VII, p. 540).
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Il matematico Seleuco visse nel II secolo a.C., un po’ dopo Aristarco di Samo, e fu
uno dei pochi se non l’unico suo seguace nel campo dell’eliocentrismo e
nell’affermazione dei movimenti terrestri. Secondo le testimonianze che ce ne restano,
pare che abbia avuto una disputa con un grammatico chiamato Cratete, circa il
meccanismo delle maree: «Seleuco, il matematico che scrisse criticando le tesi di
Cratete, e che affermava anch’egli il movimento della Terra, disse che la rivoluzione
della Luna opponeva resistenza alla rotazione [e al movimento] della Terra e che, a
causa della deviazione dell’aria corporea tra i due corpi, che ricadeva sull’oceano
Atlantico, il mare era di conseguenza agitato dalle onde (Aezio, De placitis, III, 17, 9;
cit. da Heath, 1981, p. 305).
Se ha ragione Heath, Galileo avrebbe erroneamente interpretato l’opinione di Seleuco, il
quale d’altra parte crede anch’egli che un semplice moto della Terra sia sufficiente a
spiegare le maree. Secondo Heath, infatti, il moto della Terra al quale fa riferimento
Seleuco nella sua critica a Cratete è unicamente quello di rotazione, e il meccanismo che
provoca le maree consisterebbe nel fatto, che l’atmosfera terrestre, che si estende fino
alla Luna, gira con la Terra ogni ventiquattr’ore. E la Luna, il cui periodo di rivoluzione
intorno alla Terra è quasi 30 volte più lento, opporrebbe resistenza all’atmosfera
terrestre suscitando in essa correnti che, a loro volta, influirebbero sulle acque dei mari.
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